Yonder fa un po’ riflettere. Come Ubisoft e affini ci insegnano ormai a cadenza annuale, le dimensioni nei videogame tirano molto più dei contenuti veri e propri. Gran parte delle produzioni offre infatti open world mastodontici dall’aspetto mozzafiato dov’è semplice perdere la cognizione del tempo. Questi ampi parchi a tema in stile WoW presentano un numero sconfinato di attività, missioni secondarie e collezionabili nelle loro mappe, in grado da soli di superare in media le 20 ore per titolo. Tristemente, però, ci si accorge che spesso a mancare sono sostanza e coesione. Se prendiamo ad esempio un Far Cry 5 e uno Yakuza 6 la differenza contenutistica qualitativa risulta nettamente ad appannaggio di quest’ultimo a fronte di un mondo senz’altro meno sconfinato e spaccamascella ma di gran lunga più interessante, immersivo e dettagliato.
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
Data di uscita: 17/05/2018
Versione recensita: NSW
Disponibile su: PC, PS4, NSW
Lingua: italiano
Prezzo di lancio: 24,99€
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, oggetto della recensione odierna, rientra nella categoria Ubisoft. Si parla di un’esperienza per certi versi simulativa ispirata ad Harvest Moon, Minecraft e Zelda che mette a disposizione del giocatore un mondo enorme ed esteticamente eccelso. Non ci sono limiti, obblighi, muri invisibili o pericoli di alcun tipo. La libertà offerta è dunque, in apparenza, totalizzante. Eppure, sfortunatamente per il piccolo team australiano Prideful Sloth, Yonder non riesce mai ad essere davvero coinvolgente.
Il gioco inizia con una breve sezione a bordo di una nave, subito prima che una tempesta ci faccia naufragare sull’isola di Gemea. Lì, dopo qualche passo, scopriremo di essere giunti proprio nel momento del bisogno dal momento che una misteriosa nebbia oscura ha coperto diverse zone del territorio rendendole inaccessibili. Il nostro compito sarà ovviamente quello di liberarcene, aiutando al contempo gli abitanti dei vari villaggi sparsi per la mappa.
Yonder – Video recensione
Yonder mette subito in evidenza la propria indole rilassata. Proprio come in Stardew Valley non ci sono obiettivi impellenti e si viene subito invitati a prendersela comoda. Dotati di una bussola magica in grado di puntare verso ogni obiettivo selezionato, ci occuperemo sostanzialmente di svolgere missioni per gli NPC e progredire nella main quest riparando un particolare dispositivo acchiappa-nuvole. La missione principale si riesce a completare in qualche ora, diciamo circa 3, il resto è totalmente a discrezione dell’utente e segue grosso modo la filosofia di tanti altri concorrenti sul mercato.
Il problema fondamentale del titolo risiede appunto nella sua mancanza di mordente. Si accontenta di essere un normalissimo sandbox senza introdurre nulla di significativo alla formula. Il mondo è sì vasto ma in fin dei conti piuttosto vuoto, povero di segreti e collezionabili degni di nota oltre che di obiettivi stimolanti. 5 minuti in game e veniamo già sommersi dalle fetch quest, una piaga ormai difficile da debellare persino nei single player, che rappresenta più di due terzi dell’esperienza. Raccogli due fiori, dieci sassi, un tronco e consegnali a Tizio o Caio. Ecco in sostanza cosa farete nell’80% dei casi. Assenti le motivazioni, i rischi, i brividi presenti in un open world capace di mantenersi vivo e stimolante. Non c’è traccia di combat system né di penalità in caso di morte accidentale. Non si gioca per il gusto della sfida ma semplicemente per far trascorrere del tempo.
Yonder ha una grafica piacevole anche se molto semplice
A compensare ci pensa in parte il profondo sistema di crafting grazie a cui sviluppare sempre nuovi strumenti con cui scavare, pescare, tagliare alberi, costruire fattorie e addomesticare animali. Il trascorrere delle stagioni e il ciclo giorno/notte offrono poi alcuni spunti esplorativi interessanti vista la costante mutevolezza del territorio. Picchi innevati e laghi ghiacciati diverranno accessibili durante l’estate, così come fitti boschi si apriranno durante l’autunno.
Colpisce anche la cura riposta nel lato artistico e sonoro, assoluti punti di forza del titolo. Il livello di dettaglio non è alto, anzi poligoni e modelli sono volutamente basilari (anche troppo) ma grazie a un sistema di illuminazione sorprendente, a una palette di colori vivissima e a un’ottima gestione della fisica, Yonder sfoggia un look a dir poco invidiabile. Buoni i risultati della conversione Switch sia in modalità portatile che su TV, a comprova dell’egregio lavoro di ottimizzazione svolto dagli sviluppatori.
Accettabile
A voler essere schietti, comunque, Yonder: The Cloud Catcher Chronicles non è di certo un videogame memorabile. A parte i vistosi echi dei capolavori da cui ha tratto ispirazione per fregiarsi di un mondo immenso e bello da vedere, ricade purtroppo nel tipico errore degli open world moderni oggi quanto mai poco interattivi e pieni di fuffa. Dispiace perché si tratta di un gioco dall’elevato tasso di adorabilità intrinseca, indubbiamente indicato a un pubblico casual, ma che gratta appena la superficie di ciò che invece avrebbe potuto e dovuto offrire. Non un’occasione del tutto sprecata ma neanche un prodotto degno di nota. Se proprio volete recuperarlo vi suggerisco di aspettare sostanziali tagli di prezzo.