Quanto tempo è passato dall’ultima volta che la stampa, dopo una tragedia provocata da disattenzioni, raptus d’ira o squilibri mentali di un singolo, abbia attribuito parte della colpa alla presunta cattiva influenza dei videogame?
Non molto, a dire il vero, ma a riaprire l’annoso e futile dibattito tra gamer e giornalisti ci ha pensato il developer Destructive Creations con il primo gameplay trailer di Hatred, sparatutto isometrico in esclusiva PC la cui uscita è programmata per il 2015.
Il trailer incriminato mostra un uomo intento ad attrezzarsi di armi da fuoco e bianche allo scopo di uccidere quanti più esseri umani possibile, poiché stanco di vivere in un mondo ormai marcio e, a suo dire, sovraffollato. Le scene successive presentano le fasi di shooting in cui il protagonista, probabilmente in preda alla follia o sotto l’effetto di psicofarmaci, fa strage di civili e forze dell’ordine, giustiziandoli indiscriminatamente e senza alcuna ragione.
Hatred – Tanto baccano per nulla
Puntualmente rimosso da Youtube, il video ha comunque destato parecchio scalpore in giro per il web e molti, tra cui noti autori appartenenti a testate rilevanti, hanno dichiarato il loro aperto dissenso nei confronti di quanto visto, definendone offensivo e deplorevole il contenuto e addirittura accusando gli sviluppatori di incitamento all’odio nonché supporto o affiliazione con gruppi terroristici.
Ma tali opinioni (che ricordiamo essere soggettive per defizione) avranno un qualche fondamento?
Partiamo per ordine: Hatred è un videogioco, ovvero un ammasso di codici studiati in primo luogo per guadagnare e poi per intrattenere; si tratta di un’opera non basata su fatti realmente accaduti e che non offende in alcun modo la memoria di persone decedute ma che si propone di esplorare la psiche malata e distorta di un serial killer fittizio. Appurato che gli omicidi all’interno del gioco non coinvolgono veri esseri umani e costituiscono soltanto parte del gameplay passiamo al lato meno evidente, ovvero l’obiettivo di prodotti come questo. I developer hanno pensato di affrontare simili tematiche in un modo forse troppo ambizioso e plateale ma è altresì chiaro che stupore e inorridimento vadano di pari passo con popolarità e copertura mediatica, tradotti poi in copiose vendite.
Vediamo quindi che la morte, presente tra l’altro in quasi ogni videogioco moderno, viene qui a trasformarsi in elemento portante di una strategia di marketing già vincente e involontariamente aiutata da tutti i detrattori del suddetto trailer.
Possibile che nessuno ricordi come titoli del calibro di Manhunt, Postal, Mortal Kombat abbiano fondato il proprio successo sulla base di squartamenti, uccisioni a sangue freddo e simili offese alla vita senza che praticamente nessuno, al giorno d’oggi, ne parli più come uno scandalo?
E abbiamo bisogno di ricordarvi come qualsiasi fps multiplayer (per non parlare di film, libri e altri media dai contenuti anche peggiori) preveda massacri su larga scala e vari oltraggi al preziosissimo dono dell’esistenza?
Oltretutto esiste un content rating basato sull’età, l’ESRB, di cui nessuno sembra mai rimembrare le funzioni, atto ad evitare che un pubblico con particolare sensibilità si approcci inavvertitamente a videogiochi ritenuti violenti ed offensivi come, appunto, Hatred.
Ma tutto ciò non basta a fermare le ondate di censori che commettono l’imperdonabile errore di mescolare coscienza e moralità al puro intrattenimento videoludico, il quale talvolta sboccia in pura arte, piuttosto che occuparsi dei problemi di un mondo, il nostro, in cui persino le news grondano sangue e sofferenza.
Così, mentre PETA decide di boicottare Pokémon e i fantomatici sfruttamenti verso specie immaginarie o animali virtuali, nel resto del mondo corride, zoo, circhi e cacciatori di frodo continuano a mietere vittime nel silenzio più totale; allo stesso modo, mentre a causa di interessi economici e pseudo-religiosi milioni di vite innocenti vengono spezzate impunemente da eserciti nazionali e mercenari in nome di una giustizia muta e crudele, dall’altra parte ci si lamenta per l’ennesimo videogame in cui uccidere non viene punito.
E’ stupido e infantile pensare che si dovrebbe prendere a modello qualsiasi comportamento, per quanto sbagliato, poiché contenuto in un media commerciale.
La violenza esiste da ben più tempo dei videogiochi e chi pensa di poter commettere dei crimini ispirandosi al simulatore guerresco di turno è un colossale idiota, alla stregua di chi affibbia la responsabilità a publisher e sviluppatori.
A nostro parere non è GTA a dover esser colpevolizzato per la perdita di valore della vita umana nella coscienza di questo secolo ma la stampa generalistica che, dopo averci elencato il numero di morti avvenuti durante il giorno a mo’ di lista della spesa, esordisce con articoli basati sul nulla costruiti appositamente per screditare e diffondere disinformazione appigliandosi a certe scuse davvero ridicole.
Purtroppo, da un po’ di tempo a questa parte, anche alcuni giornalisti del settore stanno marciando verso un sentiero di ignoranza e ipocrisia e, dimenticando lo scopo ultimo del proprio lavoro, sollevano flame e shitstorm assolutamente evitabili gettando cattiva luce sull’intera categoria.
Insomma, i pareri negativi sul trailer di Hatred come sui videogiochi “violenti” in generale si restringono ad un semplice campo di sensibilità personale, in cui è concesso criticare ma non accusare, insultare gratuitamente o rovinare l’esperienza altrui.
Il gioco vi attira? Acquistatelo. Vi disturba? Fatene a meno.
L’importante, come sempre, è rispettare le idee di chi ci sta di fronte.