shadow of the colossus

Shadow of the Colossus – Recensione

Questa per me è una recensione piuttosto complicata. Considero Shadow of the Colossus uno dei videogame migliori di sempre, nella mia memoria lo avvicino a prodotti come Ocarina of Time, Shenmue, Final Fantasy VI/VII e Twilight Princess. Quando lo giocai la prima volta rimasi affascinato in particolare dalle particolari ambientazioni, affascinanti nel loro essere vuote e gigantesche. Ma con un prodotto del genere credo che l’elemento che più di tutti va a travolgere il giocatore sia la storia.
Nel prossimo futuro cercherò di realizzare un maxi approfondimento proprio sulla trama e sui fortissimi messaggi che essa comunica. Per il momento cercheremo di concentrarci sul “gioco” Shadow of the Colossus, eliminando l’attaccamento emotivo e facendo il possibile per offrire una disamina il più possibile oggettiva.
Tra le altre cose, penso sia il caso di analizzare alcune profonde differenze che esistono con il lavoro originale, differenze che non mi hanno convinto molto.

Shadow of the Colossus

Shadow of the Colossus è un adventure nudo e crudo, stesso genere di Zelda, Okami, Darksiders e Psychonauts. In questo caso i puzzle sono perfettamente integrati nel design degli avversari, il sistema di combattimento è legato in maniera diretta alla risoluzione degli enigmi. Quando il gioco uscì, nel lontano 2005, sorprese tutti con la propria originalità. Per quanto assurdo possa sembrare, a distanza di oltre 12 anni nessun altro videogame ha raccolto la sfida lanciata da Shadow of the Colossus, troppo impegnativa per la stragrande maggioranza dei game designer.

Protagonista della vicenda è un giovane guerriero chiamato Wander. Il gioco inizia con il nostro arrivo nelle Terre Proibite, in groppa al nostro fido destriero, Agro. Tra le braccia del protagonista c’è il cadavere di una ragazza, non sappiamo con certezza cosa sia successo.
Wander ha intenzione di riportarla in vita, questo è l’unico motivo per cui ha raggiunto questo luogo desolato. Qui stringe un patto con una divinità chiamata Dormin, che a quanto pare è disposta a fare il miracolo, se in cambio il guerriero ucciderà 16 colossi. Il motivo non è chiaro, come non è chiaro chi siano Wander e la ragazza, non sappiamo chi sia Dormin né i colossi.

Shadow of the Colossus – Trailer di lancio

Shadow of the Colossus è un minimalista. Dà pochissime informazioni in maniera esplicita, concentra tutto sul finale e ha un impatto fortissimo sul giocatore. Nel corso dell’avventura avremo modo di farci un’idea di ciò che sta succedendo, ma spesso e volentieri il giocatore sarà troppo immerso nelle meccaniche per far caso a certi dettagli. E’ normale, e va bene anche così.

Il gioco ci richiede di uccidere 16 colossi che dovremo andare a cercare per queste lande desolate. Sollevando la spada verso il cielo la luce del sole si convoglierà indicandoci dove dirigerci.
Le distanze da percorrere sono considerevoli, quindi sarà buona norma affidarci al nostro cavallo. Così come nell’originale, anche in questo remake molti giocatori avranno da ridire sui controlli dell’animale. Il punto è che non lo controllerete direttamente, controllerete piuttosto i comandi che Wander gli impartirà. Schiacciare triangolo non farà correre Agro più velocemente, ma il nostro personaggio lo toccherà con i talloni indicandogli di accelerare. Muovere lo stick a destra o a sinistra non farà girare l’animale, ma Wander tirerà le redini in quella direzione.

Ci saranno volte in cui Agro ascolterà ed eseguirà gli ordini, altre in cui lo odierete esattamente come avete odiato Trico in The Last Guardian.

Tutto ciò è particolarmente snervante quando sarete costretti a schiacciare triangolo più e più volte perché alla minima curvatura della traiettoria il vostro fido equino andrà in crisi mistica e rallenterà il passo. I nervi saltavano su PS2, sono saltati sulla remaster per PS3 e continuano a saltare nel remake su PS4. Apprezziamo la costanza, Sony.

shadow of the colossus

Ecco, qui ad esempio odierete Agro

Ad ogni modo, una volta raggiunto il colosso che ci interessa potrà avere inizio il combattimento vero e proprio.
Il nostro avatar non ha un grande armamentario, dispone solo di una spada e di un arco con frecce illimitate. Nella maggior parte dei casi i colossi sono – indovinate un po’ – “colossali”, hanno dimensioni impressionanti, dunque sarà il caso di ingegnarci un minimo invece di metterci a tirargli fendenti sugli alluci.
Ciascun colosso ha uno o più punti deboli. Per raggiungerli dovremo però trovare un modo di arrampicarci sulle gigantesche creature, e qui entra in gioco la componente puzzle della produzione.

Come vi dicevo qui il sistema di combattimento è strettamente legato alla risoluzione degli enigmi. Per ciascuno degli avversari dovremo capire in che modo iniziare la nostra scalata e, credetemi, Fumito Ueda ha dimostrato un estro impressionante nel progettare le meccaniche dei diversi mostri.
La chiave è prestare attenzione all’ambiente circostante e ai movimenti dei nemici. Bisognerà sfruttare le animazioni degli attacchi o la conformazione dei corpi e delle armature dei colossi, al fine di trovare una via di accesso o un appiglio che ci consenta poco per volta di arrivare a infliggere i colpi mortali.


Ogni colosso è di per sé un enigma da risolvere

Non c’è alcun tipo di ripetitività. Il team di sviluppo ha dato vita a creature diverse le une dalle altre, le idee utilizzate sono tutte validissime. Se però alcuni colossi sono assolutamente splendidi da combattere, in alcuni casi la qualità si riduce, tanto che l’esperienza risulta “solo” buona. Non si scende mai comunque sotto un certo livello, ma è giusto sottolineare che il divertimento non è sempre al top.
Parte della colpa è imputabile anche al sistema di controllo, che non è proprio perfetto. E’ notevolmente migliorato rispetto ai tempi di PlayStation 2, adesso utilizzeremo di default un nuovo schema di pulsanti, più comodo e moderno. Il problema è che alcuni dei comandi continuano a non funzionare nel migliore dei modi, in particolare il salto mentre siamo aggrappati al pelo del colosso.

A tal proposito ci sono due scuole di pensiero. Secondo alcuni, i controlli scomodi e imprecisi sono una precisa scelta di design, volta a rendere gli scontri più difficili e ingiusti nei confronti del giocatore. L’idea è che Wander sia solo un ragazzo, minuscolo e insignificante rispetto ai colossi, e che dunque debba avere enormi difficoltà nel suo tentativo di sopraffarli.
Ok, spiegazione molto romantica e concettualmente sensata, ma in tutta franchezza ho un’opinione diversa. Penso che Ueda abbia avuto intuizioni eccellenti sia in fatto di game design, che di trama, che di contenuti. Ma penso anche che non sia il massimo quando si parla di giocabilità vera e propria.

shadow of the colossus

Quando non vuoi pagare il biglietto dell’autobus

Controlli a parte, riuscire a raggiungere i diversi punti deboli e colpirli con la spada non sarà proprio semplicissimo. In linea di massima i colossi non infliggono troppi danni, i nostri punti vita all’inizio del gioco andranno benissimo anche per le fasi più avanzate. Il problema è più che altro la stamina, ovvero la resistenza del personaggio.
Restare aggrappati al pelo di un gigantesco titano mentre questo cerca di scrollarsi il fastidio di dosso richiede una certa preparazione muscolare, mi dicono dalla regia. In basso a destra nello schermo avremo un indicatore che rappresenta la nostra resistenza. Assicuratevi di non arrivare mai a zero, magari trovando un punto del corpo del gigante più o meno sicuro in cui recuperare le forze, oppure sbrigandovi a fare quello che dovete fare.

Nel corso dell’avventura potrete comunque incrementare sia i punti vita che la stamina. Il mondo di Shadow of the Colossus è quasi completamente deserto, ma di tanto in tanto si incontrano alberi, cespugli, perfino qualche animaletto. Sugli alberi più grandi potremmo anche trovare dei frutti arancioni, sembrano delle zucche e non ho idea del perché dovrebbero crescere su un albero, domanda che mi ossessiona dal 2006.
Colpendole con una freccia le faremo cadere al suolo, e a quel punto potremo raccoglierle con R2 incrementando un minimo i nostri punti vita.

Alcune ambientazioni di Shadow of the Colossus sono mozzafiato

Discorso simile per la stamina, che però ci richiederà di cacciare delle particolari lucertole con la coda azzurra in giro per il mondo. Anche in questo caso dovremo colpirle con una freccia e poi raccoglierle dal suolo.
In assoluto l’incremento della stamina è molto più utile rispetto a quello dei punti vita, i colossi tendono a colpirci poco spesso e in generale a non essere troppo aggressivi.
Le lucertole si trovano di solito vicino agli alberi da frutto, oppure nei pressi di certi tempietti dove potremo recuperare la salute. Tenete gli occhi aperti.

Per questa edizione del gioco Sony ha permesso allo sviluppatore di aggiungere alcuni piccoli contenuti. Si tratta di oggetti collezionabili, 79 monete d’oro ben nascoste per tutta la mappa. Se le raccoglieremo tutte otterremo la spada di Dormin. Personalmente non ne ho raccolta nemmeno una, perché non appena provavo a farlo il gioco andava in crash. Ho provato tre volte, poi ho detto fuck. A quanto pare è un problema noto, ma non è ancora stata rilasciata una patch correttiva.


Al momento vi sconsiglio di provare a raccogliere le monete d’oro, si rischia il crash

Passiamo al comparto tecnico, punto focale di questa edizione.
Come vi accennavo, Sony ha incaricato lo sviluppatore di rifare tutti gli asset, sia per quanto riguarda i modelli poligonali che le texture. Il gioco è quindi aggiornatissimo agli standard odierni, regala un impatto visivo impressionante, alcuni scenari sono mozzafiato. Ci sono due boschetti dove la luce filtra creando dei giochi straordinari con le ombre, sarebbe sufficiente scattare una foto per ottenere un quadretto da incorniciare. Il lavoro svolto con i contrasti e con le tonalità cromatiche è ineccepibile, il feeling è estremamente realistico, la vegetazione appare densa, ricchissima e credibile.

Proprio il realismo è a mio parere la maggiore differenza tra questa versione di Shadow of the Colossus e la controparte originale. Ce ne possiamo accorgere in particolare dalle luci e dalle ombre, che per certi versi possono essere considerate le vere protagoniste della storia. Per quanto la grafica sia infinitamente migliore rispetto alle precedenti incarnazioni, io credo che in questo remake alcuni contenuti abbiano più difficoltà ad arrivare al giocatore.

shadow of the colossus

Luce e Ombra, le vere protagoniste di Shadow of the Colossus

Puntare al realismo significa che tutto appare molto più vero, concreto, reale. Eppure uno dei punti di forza dell’originale era proprio il distacco dal reale. Mi spiego meglio.
Dopo aver finito questo remake ho voluto guardare dei vecchi video dell’originale. Su PlayStation 2 il cielo era quasi un bagliore luminoso, non aveva definizione, le sagome delle montagne venivano inghiottite da questa strana luce che dava una sensazione di magia, sottolineava che quel luogo era a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, il divino e l’umano, il bianco e il nero, la luce e l’ombra. Qui invece abbiamo semplicemente un cielo. Bellissimo, splendido. Ma anche “normale”.

Dormin, la divinità con cui stringiamo il nostro patto, ci parla nell’originale da un foro nel tetto di un tempio da cui si irradia una luce maestosa e impenetrabile. Comunica mistero, potenza, bontà… Nella nuova versione le luci sono realistiche. E’ un dio che parla da un buco.

Il particolare rapporto tra luce e ombra, così come l’uso dei colori, sono fondamentali in Shadow of the Colossus, sono strettamente legati al finale e alla sua comprensione. Non farò spoiler di alcun tipo ma, sottolineo, determinati messaggi sono più difficili da comprendere e certi contrasti non riescono ad essere altrettanto efficaci come nell’originale.

Per fortuna nulla è cambiato invece nella straordinaria colonna sonora, anch’essa parte integrante della narrazione. Proprio come il gioco tra luci e ombre, anche le musiche si legano alla storia e sottolineano il significato di certi avvenimenti. Magari non ve ne accorgerete durante il vostro primo playthrough, ma sicuramente una volta raggiunto il finale le cose saranno più chiare.

shadow of the colossus

Avversari su terra, per pare e nei cieli

Shadow of the Colossus è a mio parere uno dei videogame migliori di sempre. E’ breve, vi porterà via circa 8 ore, è venduto a prezzo budget ed è un pezzo di storia. Non c’è nessun motivo per cui non dobbiate giocarlo, se non l’avete mai fatto prima.
Questa edizione è molto valida sotto il profilo tecnico, le nuove texture e i modelli poligonali sono eccellenti.
Ci sono purtroppo tutte le vecchie mancanze di questa produzione, che non ha mai brillato in termini di giocabilità, tamponando i problemi con il design sopraffino dei colossi, sia in termini estetici che di progettazione.
Nutro poi alcuni dubbi riguardo il modo in cui sono state gestite le luci in questo remake. Credo che l’approccio realistico vada in parte a danneggiare il prodotto, rendendo alcuni contenuti meno chiari e smorzandone un po’ l’impatto. Sono dettagli che noteranno solo gli appassionati di vecchia data, ma è giusto segnalarlo.
Rimane comunque uno dei giochi migliori di sempre, un prodotto che tutti dovrebbero conoscere e una lezione di game design senza tempo.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *