Con la sezione Tripla A dell’industria videoludica sempre più allo sbando in termini sia qualitativi sia morali, non bisogna stupirsi se molti sviluppatori abbandonano i grandi publisher per fondare studi autonomi. Seven: The Days Long Gone nasce proprio da un’esperienza simile, anche se con alcune differenze. Non parliamo infatti di un titolo prodotto da ex dipendenti EA o Activision ma di CreativeForge e CD Projekt RED. I ragazzi in questione si sono riuniti sotto la bandiera di Fool’s Theory e hanno deciso di puntare a un genere di nicchia quale il CRPG, ibridandolo ad action e stealth in modo piuttosto ingegnoso. Tutto molto interessante sulla carta, giusto? Bene, analizziamone la prova sul campo.
Seven: The Days Long Gone
Seven ci vede impersonare un famoso ladro, Teriel, che si trova suo malgrado in trappola nell’isola penitenziaria di Peh. Un demone si è insidiato dentro di lui, e a quanto pare ritiene necessario rimanere nel grande carcere dell’impero Vetrall. Proprio tale demone gli affida una missione d’importanza vitale per le sorti del mondo intero.
Queste le premesse, semplici e lineari solo in apparenza. Fin dai primi istanti di gioco ci renderemo conto che, di fatto, l’intreccio è di gran lunga più articolato. Missioni primarie, secondarie e dialoghi casuali con gli NPC contengono una quantità spropositata di lore. Ci sono tantissimi approfondimenti sul background narrativo, e vengono introdotti costantemente personaggi caratteristici e degni di nota.
Seven: The Days Long Gone, trailer gameplay
Teriel e il demone non sono nient’altro che la punta dell’iceberg. Il cast, nella sua interezza, si mantiene per tutta l’avventura su livelli altissimi, anche grazie allo splendido doppiaggio in inglese. Dal canto suo la trama, profonda e brillante, lascia trasparire qua e là piacevoli echi di Shadowrun e The Witcher. Numerosi i colpi di scena, i momenti di tensione e all’occorrenza il giusto siparietto comico che non guasta mai. Elemento fondamentale è la libertà concessa al giocatore nel plasmare gli avvenimenti e l’esito delle quest. Segnaliamo in particolare un sistema di fazioni ben strutturato, con missioni ad-hoc, che permette di rivestire il ruolo di benefattore o sfruttatore della popolazione di Peh. Tutto ciò in un pacchetto abbastanza longevo che prevede una durata dalle 12 (standard) alle 30 ore (completisti).
La voglia degli sviluppatori di conferire libertà agli utenti si estende anche nel gameplay. Teriel può infatti muoversi per gli scenari open world come preferisce, arrampicandosi ovunque con grazia sopraffina. Non sembrano esserci limiti ambientali, gli ostacoli sono principalmente umani. Di tanto in tanto vedremo dei checkpoint riservati ai possessori di card dette Visa, recuperabili attraverso il borseggio oppure svolgendo determinati compiti, ma scovare vie d’accesso alternative non sarà mai un problema. Anzi, il gioco ci incoraggia costantemente ad essere creativi e premia la curiosità con valanghe di loot e obiettivi nascosti. I frutti dell’esplorazione vanno impiegati nel crafting di armi, indumenti e pozioni curative, senza dimenticare la compravendita presso i numerosi mercanti specializzati.
In Seven: The Days Long Gone impersoniamo un ladro posseduto da un demone
La gestione di personaggio e inventario è di stampo classico, rifacendosi in particolare a The Witcher. L’inventario si riempie con molta facilità e bisogna svuotarlo periodicamente se non si vuole finire appesantiti e rallentati nei movimenti. Standard anche la progressione, basata sull’assegnazione di punti abilità da recuperare in giro per la mappa, con i quali Teriel guadagna poteri soprannaturali (che utilizzano la barra dell’energia) e manovre offensive avanzate. Assenti i livelli, lo sviluppo del protagonista si incentra appunto sull’acquisizione di nuovi equipaggiamenti e abilità. L’approccio è decisamente old school e l’abbiamo gradito.
Trattandosi di uno stealth non c’è molta enfasi sui combattimenti, diremmo pure per fortuna. Il sistema soffre di bassa reattività e le animazioni legnose rendono gli scontri brutti sia da vedere che da giocare. In linea di massima si può contare su un’arma primaria, una secondaria, skill attive/passive e gadget. I moveset sono diversificati ma di base prevedono attacco leggero, pesante, schivata, parata e contrattacco, non facilissimi da padroneggiare. L’opzione più efficace è evitare qualsiasi combattimento e contare sulla furtività, nonostante anche qui Seven presenti alcune fastidiose problematiche.
Seven: The Days Long Gone vanta un lore notevole
In primis l’intelligenza artificiale, incostante a tal punto da non vederci spesso a un palmo di naso e all’occorrenza percepirci invece attraverso le pareti. I pattern nemici sono talora bizzarri e capiterà di vedere guardie correre senza motivo o addirittura uscire dalle locazioni sorvegliate. In secondo luogo le mancanze dell’interfaccia, che non mostra il campo visivo dell’IA ma solo lo stato d’allerta. E infine la telecamera, la cui isometria cozza con la miriade di strutture verticali a più piani che non sempre diventano trasparenti offuscandoci troppo frequentemente la visuale e provocando inutile caos su schermo.
Detto ciò non ci sentiamo di bocciare del tutto combat e stealth system del gioco. Quando funzionano lo fanno in maniera egregia, offrendo un livello di sfida di molto superiore alla media. Per sfruttarne le potenzialità bisognerebbe però risolvere i problemi tecnici che li affliggono.
E a proposito, parliamo appunto di comparto tecnico. Sullo stile di Seven c’è ben poco da dire: toni dark affascinanti, cel shading riuscito, soundtrack di spessore. Andrebbe tutto per il verso giusto se non fosse per la pessima ottimizzazione e i numerosi bug. Pensate che su i7 e GTX 1080 non siamo neanche riusciti a superare i 60 FPS, mantenendoci tra i 40 e i 50, con cali fino a 20 nelle zone più complesse.
E sui bug, una valanga, conviene stendere un velo pietoso. Servivano ancora settimane di polishing, se non mesi.
Seven è afflitto al lancio da numerose problematiche tecniche
Seven: The Days Long Gone è un titolo che da un lato merita di essere elogiato per il suo concept coraggioso, complesso e flessibile; dall’altro fa infuriare perché la realizzazione tecnica è insufficiente, pregiudica una grossa fetta dell’esperienza. Si resta delusi quando neanche una gigantesca patch del day one riesce a colmare le gravi lacune. Lacune che tra l’altro non ci sentiamo di giustificare, vista l’esperienza degli sviluppatori e il tempo avuto a disposizione. Rimane un buon prodotto, di certo sopra la media degli RPG odierni dalla struttura open world. Tuttavia, se potete, recuperatelo quando Fool’s Theory ne avrà limato le evidenti storture.