Abbandonando del tutto la piattaforma d’origine della serie (Vita), Gravity Rush 2 approda in esclusiva su PS4. Così facendo Sony spera di donare continuità al progetto partito con la versione rimasterizzata del primo capitolo sempre sulla propria console casalinga, che aveva appunto riscosso un discreto successo tra pubblico e critica. Non era certo un titolo privo di difetti, anche grossolani, ma l’ispiratissimo concept, la direzione artistica e il carisma dei suoi personaggi lo rendevano sicuramente un prodotto degno di attenzione. Dal seguito ci aspettavamo una limatura sostanziale di tutti quei fastidiosi spigoli che avevano impedito al predecessore di eccellere. A quanto pare, invece, Toyama ha ritenuto opportuno concentrarsi su altri aspetti quali narrativa e vastità del mondo di gioco. Analizziamo il risultato di tale decisione.
Gravity Rush 2
Uscita 18 Gennaio 2017 Lingua Italiano Piattaforme PS4 Versione recensita PS4 Prezzo al lancio 69,99€ |
Gravity Rush 2 è senza dubbio più vasto e ricco del primo, specie in ambito narrativo. Gli eventi sono distribuiti in tre capitoli principali -suddivisi in episodi- apparentemente sconnessi fra loro. Il primo riprende la conclusione “in sospeso” del gioco precedente e la trasforma in una base solida per il proseguimento del racconto presentando accuratamente personaggi e background (entrambi caratterizzati come si deve). Il secondo cambia scenario e porta la storia ad assumere un tono più cupo e serioso. Il terzo, infine, conclude l’intreccio e fornisce allo stesso tempo le informazioni mancanti sulla genesi del racconto insieme al passato di vari personaggi principali. Kat rimane la protagonista, con al fianco l’inseparabile gatto spaziale Dusty.
Il suo viaggio la porterà ad esplorare dapprima un minuscolo villaggio volante, poi due megalopoli, infine i confini stessi del mondo visibile. Le fasi salienti dell’avventura vengono raffigurate attraverso bellissime illustrazioni in stile manga con tanto di doppiaggio nella lingua inventata del mondo di gioco senza però tralasciare, quando servono, le ben dirette cutscene. Fin qui niente da reclamare. Di per sé la trama si potrebbe infatti definire convincente e l’idea di fondo originale. Tuttavia sono presenti tonnellate di intermezzi riempitivi i quali non fanno altro che annacquare ed allungare il brodo rendendolo tedioso e raddoppiandone artificialmente la longevità. Le 20 ore necessarie per portarlo a termine avrebbero potuto (anzi dovuto) essere una dozzina.
Il motivo è semplice. Come nel primo Gravity Rush, anche qui la maggior parte delle missioni risulta mondana e a tratti snervante. No, non ci riferiamo soltanto alle secondarie. Interi episodi s’incentrano sulla ripetizione fino allo sfinimento di una determinata azione, da ricerche di oggetti a prove cronometrate. Oltre a spezzare bruscamente il ritmo narrativo, questi compiti non hanno spesso neanche un briciolo di coerenza con esso e sembrano proprio messi lì a mo’ di filler. Ecco un esempio calzante. Ad un certo punto ci verrà chiesto di trovare un’abitazione e sapete bene come funziona in questi casi. Due tentativi errati, al terzo si riesce.
Ebbene, saremo costretti a scartare quasi dieci possibili candidati prima di scoprire che il gioco andrà avanti con un’altra missione senza averci neanche dato la soddisfazione di portare a termine l’obiettivo, rivelatosi totalmente inutile al prosieguo degli eventi. E sarà così per almeno tre quarti dell’esperienza complessiva, boss fight incluse. Un peccato, davvero, perché se eliminassimo queste missioni avremmo tra le mani un titolo oltremodo appagante. L’errore è stato non aver saputo gestirne durata e varietà. Inutile specificare quanto siano banali le secondarie, alquanto più lunghe e ripetitive di alcune tra le principali. La musica non cambia: passiamo da prove a tempo ridondanti a fetch quest assortite. Ne contiamo una cinquantina e le uniche che consigliamo di svolgere prevedono lo sblocco di costumi per Kat. In alternativa esiste una modalità multiplayer asimmetrica nella quale i giocatori possono condividere le foto scattate in game e sfidarsi in interessanti cacce al tesoro. Nulla di esaltante ma di gran lunga meglio delle suddette missioni.
Per quanto concerne il gameplay, poco è cambiato rispetto al passato. Il controllo della gravità resta il fulcro indiscusso delle meccaniche di gioco. Una prima pressione di R1 ci permette di fluttuare liberamente in aria, una seconda di lanciarci verso la direzione selezionata. Tenendo premuto X si accelera, quadrato corrisponde all’attacco fisico mentre cerchio scatena il singolare quanto spassoso potere di attirare a sé gli oggetti circostanti e utilizzarli come armi da lancio. Molto interessante la possibilità di cambiare stile di combattimento con uno swipe sul pad tattile. Gli stili sono tre ed ognuno conferisce a Kat un peso definito e delle mosse uniche.
Quello standard si mantiene equilibrato fornendo il giusto bilanciamento tra potere offensivo e rapidità, il Lunare dona l’abilità di saltare su qualsiasi superficie in scioltezza, il Gioviano garantisce un aumento esponenziale del danno. Ogni ramo potrà essere potenziato raccogliendo le gemme sparse in giro per il mondo. Alcuni upgrade influenzano la mera potenza degli attacchi, altri sbloccano mosse spettacolari e poteri utilissimi. Gli avversari tornano ad essere i Nevi, le viscide creature nere già affrontate nel primo capitolo. La loro varietà lascia un po’ a desiderare, sebbene il concept alla base sia interessante. Dovremo in sostanza colpirne solo determinate parti del corpo, dei bulbi oculari, talora nascosti o protetti da armature. All’atto pratico il sistema si rivela dinamico e frenetico al punto giusto, specialmente negli scontri aerei. Controllare Kat in volo è piuttosto difficile se si tiene in conto l’imprecisione congenita dei comandi. Questo non significa che padroneggiarli sia impossibile, tuttavia il margine d’errore esiste sempre. Oltretutto ogni combattimento vi vedrà lottare con la telecamera più che con i nemici. Premendo R3 la visuale viene centrata automaticamente ma ciò non le impedisce di impazzire appena un istante dopo provocando morti, cadute e bestemmie rabbiosissime a cadenza fin troppo regolare. La magagna avrebbe potuto essere risolta semplicemente rendendo fisso il lock-on al bersaglio una volta agganciato. Pensate, persino Tabata ci è arrivato.
Ora, se non si fosse richiesto un utilizzo tanto preciso delle meccaniche obbligando spesso il giocatore ad affrontare prove a tempo e simili esercizi di pazienza, tali problemi avrebbero avuto una rilevanza minima. Avremmo sinceramente preferito una struttura incentrata sull’esplorazione e sulla scoperta, magari sfruttando le dimensioni titaniche del mondo di gioco.
Infatti secondo noi Gravity Rush 2 dà il meglio di sé proprio quando si viene lasciati liberi di svolazzare a piacimento tra una zona e l’altra, mentre si assapora lo splendido panorama costituito da conglomerati fluttuanti in mezzo alle nuvole dai quali spiccano mastodontici palazzi dall’architettura futuristica. Non esiste un luogo incapace di lasciare a bocca aperta. L’art style dai toni franco-giapponesi crea atmosfere a dir poco magiche, simili a quanto visto nei migliori film di Miyazaki padre. Grazie all’alternanza di tinte vivaci e soffuse insieme all’ottima modellazione poligonale, texture dal buon livello di dettaglio, luci/ombre realistiche e un elegante effetto di sfocatura, Gravity Rush 2 riesce a fare dell’estetica un vanto assoluto. Diremmo lo stesso del comparto audio se le tracce durassero più di 30 secondi senza andare in loop o se gli effetti sonori fossero leggermente meno martellanti (tant’è che siamo stati costretti a disattivare il volume del controller).
In sintesi Non tutti i sequel riescono meglio dell’originale e questo è ormai risaputo. Per quanto speravamo in un’evoluzione in termini strutturali del titolo, Gravity Rush 2 non ha dimostrato di aver imparato la lezione. Il potenziale c’è tutto, la sostanza un po’ meno. In termini di fascino e carattere, il prodotto di Japan Studio e Project Siren ha davvero pochi rivali su PS4. Navigazione e combattimento, di per sé, intrattengono il giusto. Anche la storia ha i suoi momenti, risultando in linea di massima un’esperienza soddisfacente. Purtroppo il design scellerato delle missioni, la natura essenzialmente “fillerosa” e la farraginosità del sistema di controllo gli impediscono di spiccare il volo. Per questi motivi lo consigliamo solo agli amanti del primo capitolo. Il resto dell’utenza potrebbe incappare in un vigoroso vortice di noia e frustrazione. |
Valutazione scala 1/10 7.0 |
+ Il concept alla base è brillante + Stile raffinatissimo, inconfondibile + Buon comparto tecnico + Trama piuttosto interessante… |
– Missioni in prevalenza noiose e frustranti – Telecamera e sistema di puntamento osceni – Tanto potenziale sprecato – …rovinata in parte dagli interminabili filler |