everybody's gone to the rapture

[Recensione] Everybody’s gone to the Rapture – Luce e silenzio

The Chinese Room è un piccolo studio di sviluppo indipendente che pochi anni fa sorprese tutti con il bellissimo Dear Esther, un prodotto sperimentale che voleva essere più un’esperienza audio/visiva che un videogame vero e proprio.
Everybody’s Gone to the Rapture è a sua volta un videogame decisamente atipico, molto diverso dall’estremismo narrativo di Dear Esther, più vicino ad un’avventura esplorativa che ha tanto da dire a chi abbia la voglia e la pazienza di stare ad ascoltare.

Everybody’s Gone to the Rapture

La trama è naturalmente l’elemento principale della produzione e, proprio come avveniva in Dear Esther, verrà svelata in maniera progressiva, in maniera poco chiara, lasciando che sia il giocatore stesso a formulare ipotesi e a cercare di capire cosa stia effettivamente accadendo. Perché che qualcosa di strano stia succedendo sarà evidente fin da subito.

Ci ritroveremo ad esplorare una cittadina del tutto abbandonata, che ben presto scopriremo essere stata messa in quarantena a causa di qualcosa andato storto, un qualcosa che all’inizio sarà molto difficile comprendere. Si parlerà di influenza, ma si comprenderà in pochi minuti che le motivazioni ufficiali date alla popolazione non sono in effetti quelle reali.
A guidarci nella nostro viaggio sarà una sfera di luce, che si muoverà verso alcuni punti di interesse, e che per un motivo o per un altro ci ritroveremo a seguire. Cosa sia tale sfera o cosa rappresenti lo capiremo nel corso del nostro peregrinare, cercando di comprendere in base alle informazioni in nostro possesso.
Saremo guidati dunque attraverso sei capitoli, ciascuno dei quali si concentrerà sul narrare la storia di uno dei personaggi principali, lasciando per ultima proprio la protagonista.
I diversi racconti appaiono nella forma di ricordi contenuti all’interno di bagliori luminosi con cui potremo interagire. La luce gioca infatti un ruolo fondamentale in Everybody’s Gone to the Rapture, e il suo potente significato allegorico è evidente per la durata dell’intera avventura, che inizia una mattina e prosegue per tutta la giornata, fino a sera tarda, quando la notte regnerà suprema amplificando ancor di più la potenza delle fonti luminose.

everybody's gone to the raptureEverybody’s Gone to the Rapture offre un gameplay praticamente nullo. Tutto ciò che dovremo fare sarà camminare attraverso le ambientazioni proposte, seguire la nostra luce guida e attivare i diversi ricordi che ci permetteranno di comprendere la trama.

Gli sviluppatori hanno avuto la malaugurata idea di far muovere il personaggio a passo di formica, molto probabilmente per incrementare la durata del gioco. Da una parte ciò consente di ammirare l’ottimo lavoro svolto in fase di design, e di apprezzare la bellezza delle rifrazioni e di alcuni degli effetti di post-processing. Dall’altra si tratta di una scelta malsana, che ci porta a coprire le distanze in tempi davvero eccessivi, e che evidentemente cerca di replicare quanto fatto nel già menzionato Dear Esther. Se però il primo titolo di The Chinese Room intervallava le camminate con narrazione d’alto livello e con scenari comunque più ristretti, Everybody’s Gone to the Rapture commette un errore, credendo che sia sufficiente un’ottima direzione artistica per non annoiare. Un meta-gioco può limitarsi ad essere un’esperienza visiva, certo, ma non è questo il caso.

Fortunatamente, le cose possono essere migliorate in maniera parziale tenendo pressato il grilletto R2 per una decina di secondi, cosa che permetterà al nostro personaggio di raddoppiare la velocità di spostamento, almeno nelle aree all’aperto. La cosa francamente stupida è che tale comando non sia indicato da nessuna parte nel gioco, e che dunque sarà utilizzato solo grazie a una scoperta casuale o alle informazioni trovate in rete.

Chiarito che il gameplay è quasi del tutto assente, è bene comprendere che Everybody’s Gone to the Rapture si configura come un’avventura narrativa il cui scopo è trasmettere un messaggio. La storia è infatti gradevole, ma non è il vero nucleo di questa produzione. Ciò che importa in realtà è l’argomento stesso affrontato, che offre una visione identica eppure opposta rispetto a quanto visto in Dear Esther, e che viene comunicato attraverso un uso eccellente della colonna sonora, dell’impatto visivo di alcune scene, e del lavoro svolto dai giocatori stessi, che cercheranno di comprendere cosa rappresenti effettivamente quella luce, sempre presente nella nostra avventura.

Il punto è che una produzione del genere non è sicuramente per tutti, anzi si rivolge a una nicchia di giocatori, quella interessanta agli indie più sperimentali e coraggiosi, che trascendono la concezione standard di videogame e non hanno paura di diventare il nuovo Thirty Flights of Loving, il nuovo Gone Home, il nuovo Actual Sunlight o, per l’appunto, il nuovo Dear Esther. Un’utenza insomma che non voglia fermarsi alla superficie delle cose, e che desideri vivere appieno un’esperienza potenzialmente capace di scuotere dentro.

everybody's gone to the rapturePurtroppo il gioco non raggiunge alcun tipo di eccellenza sotto il profilo tecnico. Con ogni probabilità, l’estrema lentezza del nostro avatar è causata anche dalla volontà di coprire le mancanze dell’ottimizzazione grafica, in quanto il gioco è afflitto da un framerate teoricamente insufficiente. Anche un occhio poco allenato si accorgerà dei rallentamenti, con cali di frame che a voler essere orientativi ci portano sui 15fps. Ciò accade in particolare nei cambi di direzione, ed è difficile capire per quale motivo, considerata la bontà dell’engine.

Abbiamo detto che il framerate è “teoricamente” insufficiente perché, a conti fatti, proprio la lentezza con cui avanzeremo maschera bene il problema, facendolo apparire meno opprimente di quanto non sarebbe con una velocità di spostamento normale.

Per il resto, The Chinese Room si conferma come uno studio attentissimo alla direzione artistica dei propri prodotti. A mio personale parere non si raggiungono le eccellenze di Dear Esther dal punto di vista visivo, ma la straordinaria colonna sonora di Jessica Curry è addirittura migliore rispetto a quanto ascoltato nell’opera prima del talentuoso studio di sviluppo, una soundtrack che andrete immediatamente a cercare su YouTube, Spotify o chi per loro. Jessica Curry si era già dimostrata una bravissima compositrice ai tempi di Dear Esther. Con questo nuovo lavoro ha veramente superato se stessa.

In sintesi
Cosa significa Journey? Cosa vuole comunicare The Stanley Parable? In cosa risiede la dolcezza di Thomas Was Alone? Everybody’s Gone to the Rapture è uno di quei prodotti che lasciano qualcosa alle persone compatibili con la sua natura più profonda, e che punta solo a quel tipo di utenza. Se avete amato quel genere di produzioni amerete anche questo gioco, sarete sfiorati dai messaggi che comunica. E vi lascerete abbracciare da quella luce.
Valutazione scala 1/10

8.8
+ Sostanza e contenuti
+ Toccante, per alcuni struggente
+ Una delle più belle colonne sonore di sempre
+ Ottima direzione artistica
– Spostamenti vergognosamente lenti
– Engine scarsamente ottimizzato
– I movimenti della sfera di luce hanno spesso poco senso
– Funzionalità tilt implementata male e senza motivo

*Recensione basata su una copia promo fornita dal publisher*

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