Doom fu il secondo first person shooter a cui abbia mai giocato. All’epoca avrò avuto tra i 6 e i 7 anni, era un PC con DOS, un vecchio 386. Dopo aver sperimentato il bellissimo Wolfenstein 3D, Doom seppe esaltarmi grazie alla presenza di “mostri” che nell’immaginazione di un bambino colpiscono sanno far breccia molto più di un nazista in uniforme.
Il reboot di Doom appena pubblicato da Bethesda e sviluppato da ciò che rimane della storica id Software piacerà a moltissimi, ma è un titolo destinato comunque a spaccare sia critica che pubblico. Il motivo è presto detto: siamo nel 2016, un ritorno alle origini è difficile, le vecchie meccaniche non incontrerebbero il favore di gran parte dell’utenza, e l’innovazione sarà senza dubbio osteggiata dai puristi di questo franchise e da chi cerca una riproposizione dell’originale con grafica aggiornata.
Comprendiamo le difficoltà a cui lo studio di sviluppo ha comunque deciso di andare incontro, e apprezziamo il risultato. Cerchiamo di avvicinarci a questo reboot con una mentalità il più possibile aperta, cerchiamo di capire che sarebbe stato impossibile accontentare tutti.
Doom
La differenza principale tra i first person shooter della prima generazione (Wolfenstein, Doom, Duke Nukem 3D, Quake) e della seconda (Unreal e successivi) è stata prima di tutto la velocità dell’azione. I motori grafici di John Carmack puntavano tutto su una grande ottimizzazione e framerate elevatissimi, mentre il primo Unreal Engine decise di far leva su una grafica pompatissima a scapito del framerate, mostrando i miracoli delle 3D FX.
Il reboot di Doom segue la filosofia dei suoi predecessori, e si presenta come un FPS adrenalinico, velocissimo, ancorato ai 60 frame al secondo con un personaggio costantemente in corsa e la necessità di reagire istantaneamente a ciò che i nostri occhi percepiranno, un gioco di riflessi molto diverso rispetto ai vari Destiny, Call of Duty e Battlefield.
Andando controcorrente e facendoci quasi un favore, il gioco offre una modalità per giocatore singolo che è realmente una campagna da FPS, non una delle porcherie basate su scenette animate che ci accompagnano per 4 ore prima di raggiungere i titoli di coda. In fondo i veterani del genere sono cresciuti in un’epoca in cui internet era ancora poco diffuso, e l’offerta single player doveva per forza di cose essere il piatto forte della produzione.
Anche nel caso del nuovo Doom è così. Si inizia con il gioco che cerca di offrirci una trama e qualche indicazione su cosa stia effettivamente accadendo, prima che il nostro protagonista decida che non gliene frega assolutamente nulla e vada a distruggere un monitor per dedicarsi a un po’ di sano massacro contro le orde di creature demoniache che cercheranno di fargli la pelle.
Per la cronaca, qualcuno ha avuto la brillante idea di utilizzare l’energia proveniente dall’inferno per trarne profitto, portando ondate di demoni e mostri a invadere Marte, il pianeta dove si svolge gran parte dell’avventura.
Doom è ignorante, lo è sempre stato, e in questo caso tale ignoranza sembra strizzare l’occhio a quella di Duke Nukem 3D, con momenti di sclero in cui il nostro marine decide di non considerare il alcun modo una trama che, seppur valida, rimane comunque un corollario poco importante in questo gioco, del tutto incentrato sul gameplay. Durante la sequenza iniziale ho capito di avere a che fare con un titolo cazzuto da un dettaglio semplicissimo: il protagonista ricarica il proprio fucile a pompa alla fine della splendida (e iconica) musica di apertura, con un “ch-ch” che sembra parte della canzone stessa. Una finezza divertente, ricercata, gloriosa.
Siamo riusciti a finire la campagna con livello di difficoltà Normale in circa 8 ore, per poi spenderne altre 14 durante il secondo playthrough, andando questa volta alla ricerca della miriade di contenuti addizionali messi lì dagli sviluppatori.
L’elemento esplorativo è presente ed è fondamentale: come nei primi capitoli della serie anche qui avremo a che fare con passaggi segreti e potenziamenti che richiederanno una grande attenzione e propositività per essere trovati. I livelli sono caratterizzati da mappe che si sviluppano con un forte verticalismo, e sarà dunque necessario ricorrere alle proprie doti in salto per riuscire a raggiungere alcuni dei contenuti meglio nascosti dai ragazzi di id Software. Parliamo quasi di sezioni platform, dato che il nostro personaggio sarà in grado di aggrapparsi alle sporgenze e tirarsi su per raggiungere zone apparentemente troppo distanti.
Il level design è strutturato molto bene in quanto ad architettura degli ambienti, ma pecca sia nella varietà che nel riutilizzo eccessivo di un gran numero di asset. Se il colpo d’occhio generale è ottimo, è altrettanto vero che non c’è grande spazio per la diversificazione, le ambientazioni tenderanno spesso a somigliarsi, tanto che a volte dovremo controllare la mappa per sapere se siamo già stati o meno in un determinato luogo. Mappa che, tra l’altro, è gestita molto bene, risulta di facile lettura e mette subito in evidenza le zone in cui siamo già stati e quelle che dobbiamo ancora visitare.
Il gunplay di Doom è convincente e il feedback delle armi risulta piacevole, pur non raggiungendo la varietà di risposta vista in Destiny, al momento ancora il migliore sulla piazza da questo punto di vista. Ad ogni modo, in Doom si spara come si sparava nell’originale, tra armi che non si ricaricano (tale azione avrebbe spezzato la velocità del gioco), con fucili a pompa che fanno malissimo, BFG che devastano un’intera area e – naturalmente – l’immancabile motosega per le uccisioni ravvicinate, che avrà bisogno del suo carburante per funzionare.
Parlando di uccisioni ravvicinate, questo reboot ha inserito una feature potenzialmente intelligente, ma in pratica troppo ridondante: dopo aver subìto un numero sufficiente di danni i nemici rimarranno storditi e, se ci avvicineremo, potremo effettuare un’uccisione spettacolare in melee che ci permetterà inoltre di recuperare un po’ di punti vita, che non si rigenerano automaticamente come vuole la tradizione. Ciò significa che nella maggior parte dei casi il giocatore andrà a cercare quell’uccisione melee, gratificante le prime 10, 100 volte, ma poi si finisce per domandarsi se non sia un po’ eccessivo. In fondo si parla pur sempre di uno sparatutto, e per quanto la brutalità ci stia tutta l’implementazione di questa feature risulta quasi ossessiva, avrebbe avuto molto più senso basare lo stordimento su una percentuale, un RNG che garantisse un minimo di casualità, perché poter recuperare HP per ogni avversario ucciso ed essere quasi costretti ad andare in melee non ci ha convinto pienamente.
Per il resto, gli sviluppatori hanno deciso di metterci tra le mani buona parte del nostro arsenale relativamente presto all’interno dell’avventura, permettendoci dunque di divertirci con una notevole varietà di approcci differenti. I combattimenti veri e propri sanno molto di arena shooter, nel senso che i nemici ci attaccheranno quasi sempre in zone dove potremo muoverci con una certa libertà sia sul piano orizzontale che verticale. Il movimento sarà appunto la chiave per il successo, in quanto Doom premia chi si lancia nella mischia e gioca di agilità piuttosto che chi va alla ricerca di uno scontro più metodico. E’ nello stile del franchise e siamo decisamente soddisfatti della scelta degli sviluppatori.
Durante l’avventura dovremo dedicarci ad attività che tributano le origini della serie, come la ricerca delle classiche chiavi colorate per aprire determinate porte, ma avremo anche la possibilità di potenziare sia le armi che l’equipaggiamento. Utilizzando alcuni droni/robot/cosi sparsi per i livelli otterremo dei boost che aggiungeranno delle modalità di fuoco addizionali al nostro armamentario. In Doom non esiste il classico iron sight (la possibilità di zoomare con qualsiasi arma usando il grilletto sinistro), cosa che farà storcere il naso a molti ma perfettamente allineata con la storia di questo franchise. Potremo invece usare le diverse modalità di attacco, che aggiungeranno varietà agli scontri. La nostra armatura da marine sarà invece potenziabile con bonus passivi.
Ma passiamo al multiplayer, che certamente piacerà a molti ma che lascerà tanti altri insoddisfatti. Allo stato attuale delle cose è chiaro che esiste un ampio margine di miglioramento da questo punto di vista: il netcode è ancora imperfetto, i tempi di attesa sono piuttosto lunghi, il matchmaking non tiene presente numerosi elementi che riguardano la skill dei giocatori che vengono messi insieme ed esiste qualche problema di stabilità.
Più che altro, il design delle mappe è piuttosto anonimo: strutturalmente abbiamo a che fare con buone geometrie che tendono a far preferire lo scontro da distanza ravvicinata, tuttavia è evidente una certa arretratezza visiva e concettuale, che non è esattamente ciò che ci si aspetta da un franchise del genere.
All’inizio della partita potremo scegliere una classe, ciascuna delle quali conterà su due sole armi e un oggetto addizionale da usare a distanza. Limitare il tutto a due armi ha due conseguenze: l’aspetto positivo è che nessuno parte avvantaggiato, almeno in teoria; quello negativo è che al momento le classi sono molto sbilanciate e se alcune armi risultano effettivamente efficaci, altre avrebbero bisogno di un boost non indifferente per divenire utili.
La totale mancanza di un radar che indichi la posizione dei nemici non è necessariamente un male, in quanto il feeling generale è appunto quello dei vecchi FPS che Doom intende riprendere. Esistono però degli oggetti che potremo ottenere casualmente alla fine dei match e che ci garantiranno dei boost temporanei, come la possibilità di vedere l’ultimo avversario che ci ha ucciso. C’è un buon senso di progressione grazie a un accurato sistema di statistiche, achievement, livelli e contenuti sbloccabili che non fanno mai male.
La vera domanda è, il gameplay in multiplayer è quello che ci si aspetta da Doom? La risposta alla domanda è no.
Questo nuovo reboot di ha una componente multigiocatore dal feel molto più simile a quello di Unreal Tournament che a quello dei suoi predecessori e – vorrei che ci soffermassimo un secondo su questo aspetto – non è per forza un male. E’ verissimo che i giocatori di vecchia data si saranno aspettati altro, ma se consideriamo l’esperienza in multiplayer e togliamo a questo gioco il nome che porta la qualità è soddisfacente, a patto ovviamente che si risolvano i problemi sopra menzionati. Manca la velocità e la frenesia tipica dei vari Doom, Shadow Warrior o chi per loro, manca la ricercatezza nel design delle mappe, sono presenti elementi che portano alcune zone ad essere overcampate in quanto punti di pop di alcuni oggetti speciali che ci permettono di trasformarci in demoni decisamente OP. E’ un’esperienza imperfetta, ma non è un’esperienza insoddisfacente e, soprattutto, non vuole essere il fulcro dell’offerta di questo gioco.
E’ bene inoltre considerare che il gioco è appena stato lanciato e che senza dubbio arriveranno una sfilza di rifiniture come nel caso di tutti i giochi di questo genere.
Per il momento abbiamo da ridire su quanto menzionato sopra e sulla scarsa quantità di mappe, inoltre alcune delle modalità implementate dagli sviluppatori non ci hanno convinti. In linea di massima è comunque un’esperienza multiplayer che, seppur non straordinaria, sa farsi apprezzare, fermo restando che la campagna in singolo è il vero cuore del gioco.
A tutto ciò aggiungiamo il fatto che il prodotto offre un potente editor dei livelli su cui la community si è già messa al lavoro, e che porterà senza dubbio alla creazione di un gran numero di mappe da condividere con tutti gli utenti.
Spendiamo qualche parola anche sul comparto tecnico della produzione, che si appoggia sul nuovo id Tech 6, successore di quanto muoveva Rage qualche anno addietro. Il nuovo engine è solido e soprattutto fluidissimo: su PlayStation 4 Doom gira a 1080p e 60 frame al secondo abbastanza stabili, anche se sono presenti alcuni episodi di tearing e un saltuario stuttering, comunque trascurabile. C’è una buona occlusione ambientale e degli effetti particellari di ottimo livello, ma ovviamente per vedere le meraviglie di questo motore grafico bisogna spostarsi su PC.
In questo caso si noteranno shader, effetti di luce e ombreggiature molto più avanzate rispetto a quanto possibile su console, oltre ovviamente a un framerate e una risoluzione che si spingeranno fin dove vorrete (o potrete).
Conclusioni Il nuovo Doom è un first person shooter con una campagna single player degna di questo nome, il che, nel 2016, è quanto dire. Rende onore al passato grazie alla frenesia, la brutalità, la propensione all’attacco e il suo basarsi su riflessi fulminei, correggendo il mezzo passo falso della deriva pseudo-horror di Doom 3. Il gioco è dannatamente divertente, si presta a essere rigiocato in virtù degli innumerevoli segreti, gratifica con i potenziamenti e offre un gunplay molto solido. Le uccisioni melee sono a nostro parere ridondanti e le ambientazioni mancano di varietà, ma l’elemento che prevale è senza dubbio il divertimento, e si è dunque ben disposti a tralasciare alcuni dettagli meno riusciti di altri. Il comparto multiplayer ha bisogno di un po’ di rifiniture e ottimizzazioni tecniche, non ha uno stile particolarmente affine a quello dei primi Doom, ma si avvicina piuttosto ad Unreal Tournament. A nostro avviso ciò non è per forza di cose un male, ma ci rendiamo conto che numerosi nostalgici storceranno il naso, aspettandosi qualcosa di diverso. Bisogna correggere il bilanciamento di alcune armi, sistemare il netcode e soprattutto aggiungere qualche mappa più ispirata, per il resto è chiaro che il cuore dell’esperienza risieda nella modalità in singolo. Se cercate un’ottima esperienza single player e ciò che vi importa è divertirvi piuttosto che sorbirvi scenette animate dove vengono spiegate trame improbabili, Doom è senza dubbio un acquisto raccomandato. |
Valutazione scala 1/10 8.5 |
+ Cattura bene lo spirito di Doom + Sistema di potenziamento interessante + Tantissimi segreti + Ottimo livello di rigiocabilità + Frenetico e adrenalinico + Feedback delle armi più che buono + Level design convincente + Potente editor dei livelli + Multiplayer divertente e casinista |
– Ambientazioni poco varie – Enfasi eccessiva su uccisioni melee – Tempi di caricamento lunghi – Alcune modalità multiplayer poco interessanti – Qualche problema di gioventù nel matchmaking – Poche mappe |
*Recensione basata su una copia promo fornita dal publisher*