Il lento declino dei MMORPG è da considerarsi un’ovvia conseguenza della mancanza di attrattiva e freschezza all’interno del genere. Difficile dare la colpa a World of Warcraft, nonostante il suo monopolio abbia sensibilmente appiattito il panorama ruolistico online dal 2004 fino ai giorni nostri. La vera radice del problema era infatti già individuabile qualche anno prima, all’epoca dell’uscita di Everquest. Da allora il cosiddetto design da “parco tematico virtuale” prese piede con prepotenza diventando uno standard a tutti gli effetti. La strutturazione in classi, i livelli, il grinding, l’estrema accessibilità, il focus sul single player e tanti altri elementi comuni alle produzioni odierne vennero introdotti proprio dal titolo di Sony.
Ma cosa c’era prima? Semplicemente il puro gioco di ruolo. Stiamo parlando di Meridian 59, The Realm Online e soprattutto di Ultima Online.
Ultima è una serie RPG fantasy sviluppata da Origin Systems e ideata da Richard Garriott, anche conosciuto come Lord British. Quest’ultimo, pensate, ha avuto il merito di coniare il termine MMORPG. La trasposizione in salsa multiplayer massivo della sua creazione è stato probabilmente ciò che ha dato la spinta iniziale alla popolarità di tale archetipo. I propositi erano chiari e ambiziosi. Si mirava a costruire un mondo vivo e interattivo dentro il quale i giocatori potessero scegliere come, quando e cosa fare senza alcun limite imposto dall’alto. E in gran parte l’obiettivo fu raggiunto.
Ultima Online ci lasciava liberi di essere chiunque desiderassimo, da umili pescatori a temuti stregoni. Ogni singolo aspetto della vita del nostro alter ego era profondamente personalizzabile. Si iniziava da nullatenenti, in mezzo ai pericoli della natura selvaggia e alla mercè dei criminali, per poi arrivare con il tempo a specializzarsi in una o più categorie a seconda del tipo di attività svolte in precedenza. Non esistevano le classi, ognuno aveva il controllo totale sul proprio personaggio. Per diventare un guerriero, ad esempio, bisognava allenarsi duramente nell’utilizzo delle armi dapprima con fantocci e animali inoffensivi. Solo in seguito si poteva pensare ai duelli e alla caccia di bestie pericolose del calibro di dragoni giganteschi.
E di batoste, nel frattempo, se ne prendevano tante.
A dispetto della sua ripida difficoltà iniziale, Ultima Online sapeva comunque regalare con poco delle esperienze memorabili. Trattandosi di un sandbox dalle dimensioni titaniche per l’epoca, le possibilità erano davvero infinite. Si poteva cavalcare, navigare, aprire negozi, edificare, rubare, craftare, sposarsi, addestrare varie creature e via dicendo. Niente e nessuno obbligava il giocatore a seguire un determinato percorso. A partire dalla creazione del personaggio si aveva il pieno controllo delle sue attitudini. In tal senso il gioco si auto-bilanciava periodicamente ogniqualvolta gli utenti decidevano di effettuare il respec passando da una specializzazione all’altra. Le statistiche erano uguali per tutti. Quanto a come distribuirle la libertà era assoluta. Ciò rendeva estremamente interessante e appunto bilanciato non solo il PvE ma anche il PvP.
L’assenza di arene e instance rendeva possibile iniziare scontri ovunque, sebbene certe zone come le città principali fossero strettamente sorvegliate dalle guardie. La morte comportava umiliazione e perdita di oggetti in pieno stile old school. Anche per questo la player base di Ultima Online non arrivò mai a superare quella di Everquest. O almeno, non in quantità.
Il punto di forza di Ultima Online è sempre stato la dedizione della community. Dalla bellezza di 20 anni server ufficiali e non hanno visto passare migliaia di giocatori decisi a recitare attivamente una parte all’interno del mondo di Sosaria coinvolgendo amici e sconosciuti incontrati in game. Le storie da loro create ed interpretate, le interazioni, i legami che si venivano a formare sono aspetti introvabili negli MMORPG successivi. Capitava di fermarsi a parlare per ore con passanti a caso nella piazza cittadina, alla taverna, in banca o bere in compagnia attorno a un falò pianificando la prossima avventura. La genuina vitalità dell’ambiente di gioco derivava quasi totalmente dai giocatori stessi e dalla loro passione intensissima. Anziché forzarci a seguire una narrativa predefinita, ci veniva chiesto di usare la fantasia. Ciò scaturiva in storyline sempre avvincenti e in situazioni talora paradossali che si sono poi trasformate in celebri aneddoti. Il più famoso è senz’altro quello dell’assassinio del re di Britannia Lord British, l’avatar in gioco di Garriott. La tirannide del sovrano giunse al termine -anche se per poco- a seguito di uno stress test dei server in beta.
Per l’occasione era stata convocata un’assemblea reale a cui partecipavano diversi tester. L’utente Rainz si infiltrò furtivamente e sfruttò la sbadataggine dello sviluppatore, che aveva dimenticato di attivare la modalità invincibile, uccidendolo a sangue freddo con un incantesimo rubato. La scena epica si concluse con il massacro di tutti i presenti e il ban temporaneo del coraggioso killer, entrato addirittura nel Guinness dei primati come primo ed ultimo assassino del divino Lord British. Tutto assolutamente vero. Altro che Leeroy Jenkins.
Che gran gioco era ed è Ultima Online. Se questa retrospettiva non fosse bastata ad instillarvi la voglia di provarlo, sappiate che potete farlo gratuitamente. E’ richiesta una sottoscrizione mensile di circa 14€ ma esistono una marea di retroserver di ottima qualità e una versione di prova ufficiale della durata di due settimane. Qualora il vostro problema riguardasse il comparto tecnico datato e l’arretratezza del client, invece, fareste meglio a rassegnarvi. Godersi un classico significa anche saperne accettare il look spesso decadente. D’altronde non esistono esperienze simili. Garriott ci ha provato di recente con Shroud of the Avatar ottenendo in prevalenza insulti dagli acquirenti in accesso anticipato. Visto l’andazzo conviene tornare a farsi un giro in quel di Sosaria, no?