The Legend of Zelda. Basta il nome del franchise ad evocare meravigliosi ricordi d’infanzia ed adolescenza nella nostra mente e in quella di altri milioni di giocatori in tutto il mondo. Ma la magia di cui è pervasa l’opera magna di Miyamoto non ha mai smesso di fluire nelle console Nintendo. Proprio in questi giorni Breath of the Wild distrugge ogni record sui siti specialistici e su Metacritic unendo l’intero settore in uno stridulo urlo di piacere che culmina con valutazioni perfette. Zelda, dunque, continua inarrestabile la sua marcia oggi come nel 1986, data di uscita del primissimo capitolo per Famicom. Torniamo proprio a quegli anni, all’era 8bit, e riscopriamo uno dei videogame più importanti di sempre: The Legend of Zelda.
La leggenda nacque nei pressi di Kyoto, durante l’infanzia del game designer Shigeru Miyamoto. Grazie alla sua passione per le scampagnate e i giri in bicicletta, il giovane Miyamoto ebbe delle esperienze esaltanti che si trasformarono presto in diretta fonte d’ispirazione per i progetti a cui lavorò successivamente in Nintendo. Zelda fu uno di quelli. Il senso di libertà, il brivido dell’esplorazione, lo spirito dell’avventura: eccone i principi fondanti. Link, il piccolo protagonista in verde ispirato a Peter Pan, racchiudeva in sé la curiosità e la voglia di scoperta che nasce nel bambino e purtroppo, in assenza di stimoli, muore nell’adulto. A guidarlo la missione di salvare la principessa Zelda (nome della moglie di Francis Fitzgerald), sconfiggere Ganondorf, recuperare i pezzi della Triforza e riportare la pace nel regno fiabesco ed intramontabile di Hyrule. Premesse, queste, tanto semplici quanto iconiche per la serie.
Il cuore e la forza del gioco risiedevano però altrove. Scoprire di non avere limiti e poter andare ovunque nell’enorme mondo a disposizione era impagabile. Si aveva la possibilità di raggiungere ogni luogo in qualsiasi momento senza nessuno che dettasse il percorso. Centinaia di tesori, segreti e locazioni meravigliose attendevano il giocatore. Uccidere i mostri a suon di spada, frecce, bombe e boomerang costituiva poi un’attrattiva di non poco conto, specie per l’alto livello di difficoltà di alcune sezioni che resero obbligatorio l’adottamento del sistema di salvataggio su cartuccia, peraltro il primo nella storia delle console. Un altro primato di Zelda riguardò la presenza di un inventario all’avanguardia. Esso permetteva di raccogliere più istanze dello stesso oggetto ed utilizzarle in tempo reale per risolvere enigmi ambientali o in combattimento.
Notevole era anche la cura dei dettagli. Tutto, dalle ambientazioni vive e coloratissime alla magnifica colonna sonora di Koji Kondo, contribuiva a dare a Zelda quel tocco di unicità made in Nintendo che a distanza di decenni rimane indelebile e non accenna a sbiadire. Il titolo di Miyamoto era ed è rimasto per tantissimi anni l’open world più ambizioso mai sviluppato. Non a caso le imitazioni fiorirono in massa, nella speranza di sfruttare la scia di successo. Tentativi falliti, vista la qualità impareggiabile dell’opera. Ancora oggi il gioco riesce a divertire ed offrire una sfida valida, specie in modalità New Game +. E sono passati 30 anni.
Trent’anni. Non crediamo esistano modi migliori per certificare l’eccellenza di un game designer né di qualunque altro genere d’artista.
Quindi viene lecito chiedersi: cosa sarebbe oggi il mondo videoludico senza The Legend of Zelda? Chissà. Forse gli open world non sarebbero gli stessi. Forse neanche gli action GDR o gli adventure game. Probabilmente lo scenario attuale avrebbe tinte molto più fosche di adesso, sommerso com’è da prodotti vasti, immensi addirittura, ma sostanzialmente privi di carattere e contenuti significativi. In tutto ciò Nintendo, nonostante le discutibili politiche aziendali, non ha dimenticato la lezione di Zelda. Breath of the Wild sembra aver voluto riprendere gli elementi migliori del primo capitolo espandendoli fino all’inverosimile. Che il suo impatto abbia superato persino quello dell’originale? Lo scopriremo prossimamente. Intanto rimanete sintonizzati.