Panzer Dragoon è un classico di metà anni ’90 che i possessori di SEGA Saturn ricorderanno sicuramente. Uscito in Nord America e in Europa come uno dei titoli di lancio della console, lo shooter su binari di Team Andromeda fu molto apprezzato da pubblico e critica nonostante i dati di vendita non fossero proprio entusiasmanti. Anche per questo due anni dopo l’uscita, nel 1997, gli utenti PC ricevettero il porting, mentre nel 2006 toccò a PS2 e per fortuna SEGA riuscì ad incassare fondi a sufficienza per sviluppare dei sequel: Zwei, Saga e Orta. Oggi, Panzer Dragoon è considerato uno dei migliori giochi per Saturn. A cosa deve tale fama? Vediamo di scoprirlo rispolverando questa piccola perla del passato.
Panzer Dragoon
Le fonti di ispirazione per il game director Yukio Futatsugi sono state molteplici e coltissime. Allo scopo di creare un arcade interamente in 3D, lui e il Team Andromeda hanno attinto da nomi del calibro di Star Fox, Space Harrier e Starblade indirizzando il progetto verso il genere sparatutto su binari ma facendo a meno del setting spaziale. Si decise di ambientare gli eventi su una versione post-apocalittica della Terra e sostituire le astronavi con draghi corazzati. Il motivo? A Futatsugi non piaceva essere banale. Riassumendo, la trama narrava del viaggio di Keil Fluge, un cacciatore trovatosi a dover “pilotare” un enorme drago blu con l’obiettivo di debellare la minaccia di un altro drago e dei suoi sottoposti che minacciavano di distruggere il pianeta. Tra le opere non videoludiche fondamentali nello sviluppo del concept di Panzer Dragoon troviamo del materiale senz’altro interessante.
Per quanto riguarda l’ambientazione la fonte principale fu il romanzo sci-fi di Brian Aldiss intitolato Hothouse, poi le influenze stilistiche del fumettista francese Moebius (autore peraltro della splendida copertina giapponese del gioco), di alcuni film del celebre Hayao Miyazaki e infine del cinema di David Lynch. Il risultato, per l’epoca, fu sorprendente e persino Steven Spielberg si dichiarò impressionato dalla presentazione del prodotto all’E3 del 1995.
Ma a sorreggere Panzer Dragoon non ci pensarono soltanto stile e scenari. Quanto a gameplay, infatti, il titolo di Team Andromeda sapeva eccome il fatto suo. Da buon rail shooter, le meccaniche erano abbastanza semplici da comprendere. Il giocatore aveva un controllo limitato sui movimenti del personaggio, che avanzava in automatico. Si poteva però direzionarlo in libertà durante le boss fight e muovere la telecamera per prendere la mira e sparare con l’arma di Keil oppure con i cannoni montati sul drago. I comandi risultavano precisi e responsivi, lo shooting soddisfacente, il ritmo sempre elevato. L’esperienza era insomma fluidissima, una delle poche nel genere ad essere rimaste divertenti anche ad una prova odierna. Il surplus veniva costituito dal comparto grafico incredibilmente avanzato che su Saturn spaccava mascelle. Ciò grazie all’intraprendenza degli sviluppatori nel rifiutare i tool offerti da SEGA e imbracciare in toto Softimage e OpenGL. A beneficiarne maggiormente furono cutscene e animazioni, in assoluto tra le migliori di quel periodo ed invecchiate piuttosto bene. Modelli e fondali facevano anche un’ottima figura, per merito di un livello di dettaglio oltremodo generoso.
L’aspetto migliore di Panzer Dragoon è però la colonna sonora. Essa venne orchestrata dopo la fine dello sviluppo del gioco, in modo tale da calzare perfettamente nella progressione dell’avventura offrendo tracce specifiche per ogni livello e le relative sezioni. La soundtrack creata da Yoshitaka Azuma rimane un capolavoro indiscusso, una delle più emozionanti composizioni videoludiche di tutti i tempi. Alcuni la definiscono l’opera del John Williams dei videogiochi, altri la associano alle meraviglie di Kikuta e Uematsu. Non a caso di recente ne è uscita una versione in vinile che vi consigliamo assolutamente di recuperare. Se potete, acquistatela insieme al gioco stesso, prezzato intorno ai 40-50 dollari su ebay. E sì, vale tutta la spesa.
In sintesi
Panzer Dragoon è uno straordinario esempio di connubio simbiotico tra arte, tecnica, narrativa e gameplay. Per quanto breve (circa un’ora di durata) rappresenta l’eccellenza degli sparatutto su binari e soprattutto delle potenzialità di una console sfortunata a cui il destino -e SEGA- hanno giocato un brutto scherzo. Merita senza dubbio una seconda chance, se non altro per l’importanza storica che ha rivestito.