L’industria del gaming odia i giocatori

Il mondo del gaming è davvero pazzerello. I publisher ci parlano sempre più spesso di aumenti dei costi di sviluppo e della necessità di alzare i prezzi di giochi e abbonamenti. Un pianto di qua, una lamentela di là. Poi però pagano somme indecenti per implementare DRM, imbastire progetti cross mediali che non si cagherà nessuno e assumere “consulenti” specializzati in inclusione e diversità. È come se stessero cercando in tutti i modi di non farsi prendere sul serio. E ci stanno riuscendo.

Come se non bastasse, da diversi anni si è diffuso tra gli addetti ai lavori un sentimento di odio verso il giocatore medio. Veniamo dipinti come mostri di tossicità e bigottismo, sostenitori della destra estrema in camicia nera, troll grezzi e maleducati con la barba sul collo. Il fenomeno non è esclusivo dell’industria videoludica ma possiamo estenderlo anche a quella del cinema e dei fumetti. Basti vedere franchise come Star Wars, Doctor Who, Il Signore degli Anelli e tanti altri brand attualmente in conflitto con la loro fandom.

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La cosa fa abbastanza ridere, se consideriamo che i fan dovrebbero essere lo zoccolo duro della clientela pagante. E anche quando non lo fossero, credo che offendere un potenziale pubblico sia una delle mosse più stupide che un’azienda possa fare. Immaginate di entrare in banca per aprire un conto milionario e a un certo punto vi si accusi ingiustamente di essere mafiosi e riciclare denaro. Qualunque persona sana di mente girerebbe i tacchi e non tornerebbe più dentro. Il discorso vale per qualsiasi settore, e la regola numero uno del commercio è che il cliente ha sempre ragione. Anche quando ha torto.

Ora, da quando i fondi ESG sono arrivati nel gaming, tantissime aziende hanno iniziato una crociata contro i giocatori. Tra gli esempi più noti annoveriamo The Last of Us 2, Battlefield 5, Assassin’s Creed e Forspoken, ma di recente i casi si moltiplicano a vista d’occhio. Prendiamo il lead writer di Dragon Age Viola che dà del “fottuto turista” a chi critica il suo capolavoro di scrittura creativa. Ironico, visto il grado di conoscenza e rispetto per la saga dimostrato dalla nuova Bioware. A me sembra piuttosto che i turisti siano loro, e di una tipologia particolarmente molesta. E vengono anche pagati per esserlo, mentre noi sborsiamo 80€ alla volta per gustarci le loro porcherie.

Il problema è che questi carcinomi ambulanti hanno ormai praticamente invaso i principali studi di sviluppo e temo possano rimanerci ancora a lungo. Vi porto due esempi freschi per darvi un’idea di quanto la situazione sia allarmante. Il primo riguarda proprio Bioware. Nelle ultime settimane il canale Youtube Smash JT ha riportato delle conversazioni con alcuni dipendenti dello studio. È un canale valido e i suoi informatori si sono rivelati finora affidabili, ma come al solito prendete tutto con le pinze perché non possiamo verificare la certezza delle fonti.

Dunque, a quanto pare il clima all’interno di Bioware è molto pesante. Il primo informatore parla di un estremo cambiamento della filosofia aziendale, sia in ambito operativo che nelle assunzioni. Si cercano minoranze e non competenze, cultisti anziché teste pensanti in modo da poterli controllare meglio. Da quando Corinne Busche è stato promosso a director, sono cresciute le corsie preferenziali per i cosiddetti dipendenti “non convenzionali”. Aumentano anche futili diatribe in cui vengono coinvolte le risorse umane, con evidenti favoritismi verso donne e minoranze etniche. La fonte prevede inoltre un’altra ondata di tagli da parte di EA, causata a suo dire dall’incompetenza dei manager e dal focus eccessivo su inclusione e diversità in fase di assunzione.

Il secondo informatore aggiunge che gli sviluppatori maschi sarebbero marginalizzati, con promozioni sempre più rare a prescindere dai risultati ottenuti. A far strada, secondo lui, sono soprattutto i membri della comunità LGBT, che vengono affiancati dai senior e lanciati poco dopo in posizioni di leadership. Si cita un caso in cui una donna con meno di 2 anni di esperienza abbia ottenuto la promozione scavalcando gente che ne aveva 18. A quanto sembra ciò avverrebbe non solo in EA ma in quasi tutti gli studi di sviluppo americani, come confermato dal terzo informatore. Il potere di certe fazioni createsi all’interno delle aziende a causa delle assunzioni DEI starebbe rendendo la vita difficile a chi non ne fa parte.

Queste cricche hanno acquisito così tanto potere da permettergli di imporre la loro ideologia al resto dei dipendenti. E il dissenso viene combattuto in modo talvolta estremo. Infatti in Bioware sarebbe attualmente in corso una caccia alla talpa, ovvero ai due informatori citati in precedenza. E no, non riguarda la diffusione dei presunti dati di vendita, stimati a circa un milione, ma tutto il resto. Inutile specificare quali saranno le conseguenze per i tizi una volta individuati. Questa gente ha paura ed è comprensibile. Parlano con gli youtuber perché non hanno alternative, non si fidano dei giornalisti e vogliono in qualche modo che la voce si sparga. Siamo arrivati al punto in cui l’ambiente lavorativo è così inclusivo da limitare la tua libertà di pensiero. Ottimo lavoro, Electronic Arts!

Ma non è finita qui. Ora vi parlo dell’altro caso. Nel 2018 Microsoft ha acquisito diversi studi, tra cui Ninja Theory, Undead Labs e Compulsion Games. Quest’ultimo ha iniziato circa un anno dopo lo sviluppo dell’action adventure in terza persona South of Midnight. Si tratta di un titolo a budget contenuto ambientato nel sud degli Stati Uniti e caratterizzato da un’atmosfera misteriosa e folkloristica. Fin qui tutto bene. Fintanto che, a metà sviluppo, Xbox non abbia sentito il bisogno di intrufolarsi nel progetto con i suoi bellissimi arcobaleni. Ha assunto un direttore della DEI, uno studio di consulenza per bilanciare le quote di genere in azienda e pagato Sweet Baby Inc per lavorare al progetto. Non contenti, hanno ripetuto i passaggi anche per Avalanche e il suo titolo Contraband.

A rivelarlo diversi sviluppatori delle due aziende, che parlando con l’ex team leader di World of Warcraft Mark Kern hanno scoperchiato un vaso di pandora. Gli informatori spiegano che Microsoft avrebbe imposto innumerevoli modifiche strutturali all’organico in ottica DEI, con un turnover brutale in favore di gente che “non aveva idea di come creare un gioco”. Cosa peraltro abbastanza comune in sti tempi, stando alle dichiarazioni di Ubisoft per cui metà del team al lavoro su Assassin’s Creed Shadows sia composto da junior alla prima esperienza. Magari pure tirocinanti gabibbo-formi con il septum e i capelli verdi pagate 500€ al mese. E poi fanno outsourcing a manetta. Comunque, in Compulsion sembra sia rimasto circa il 10% del team di We Happy Few. Tra le nuove leve, la famosa community manager Katie Robinson, in arte Pikachulita, con le sue perle di saggezza tipo “i giocatori maschi bianchi sono un errore” e “gli asiatici sono assimilabili ai bianchi”. Delicatissima, non c’è che dire. E poi accusano gli altri di razzismo.

Naturalmente la nostra eroina non ha subito ripercussioni e tutt’oggi continua a ricoprire la posizione in Compulsion. Immaginiamo cosa sarebbe successo se le stesse dichiarazioni fossero uscite dalla bocca di un uomo bianco. Perché ovviamente non si può essere razzisti contro i bianchi, come affermano director di Marvel’s Black Panther Dani Lalonders e CEO di Sweet Baby Inc. Kim Belair, entrambe afroamericane. Motivo per cui è giusto rendere la protagonista di South of Midnight da bianca a nera, in una mossa ammirevole e coraggiosa che ricorda quanto accaduto con Alan Wake 2, dove guarda caso c’era ancora Sweet Baby di mezzo. Dev’essere bello ricevere decine di migliaia di dollari per fornire consulenze sulla pigmentazione dei pixel. Questi qui hanno capito tutto della vita.

Insomma, abbiamo a che fare con truffatori, incompetenti e razzisti ma la colpa è sempre nostra. Siamo noi quelli tossici e ignoranti. Non passa giorno senza che qualcuno all’interno dell’industria videoludica ci rivolga un epiteto lusinghiero. Alexa Ray Corriea, senior writer di Cliffhanger Games, vorrebbe una maglietta con su scritto che i giocatori sono bigotti. Jacob Geller, consulente di Hit Detection, desidera un mondo senza giocatori. Per Marc Alexis Cotè, senior producer di Ubisoft, siamo minacce alla loro libertà creativa. Il manager di Nintendo of America James Wong e il narrative director di Gearbox ci definiscono “bigotti arrabbiati”. Vida Starcevic, community manager di Remedy, vorrebbe epurarci dalle community online. Potrei andare avanti all’infinito ma penso che il concetto sia chiaro.

Noi siamo brutti e cattivi. Loro invece sono belli e buoni. Non hanno iniziato a parlare di inclusione e diversità da quando ricevono fondi milionari da Blackrock, no no. Sono sempre stati progressisti, questi colossi multimilionari quotati in borsa! E non si sono mica arricchiti grazie ai risparmi di innumerevoli bigotti razzisti in giro per il mondo! Nah, si rivolgevano solo al pubblico moderno, ovvero le 300 anime pie online su Concord al day one. Non si sognerebbero mai di elemosinare noi troll razzisti per comprare i loro quadrupla A pieni di fuffa e soia. E allora, cari publisher, il mio messaggio è il seguente. Continuate così. Proseguite per la strada virtuosa e non dovremo neanche impegnarci per vincere, un po’ come il Briscola in America. Continuate a insultarci e noi continueremo a non comprare. Semplice, no?

Ho anche un messaggio per voi lettori. Fate bene attenzione a chi finanziate d’ora in avanti, perché le pratiche del politicamente corretto diventeranno sempre più insidiose e furtive. I grandi publisher stanno cambiando nome alla DEI e integrandola direttamente nella cultura aziendale, come accade in Microsoft. Sweet Baby Inc diventa Powell Group per sviare i sospetti dopo aver rimosso i clienti dal sito. Vogliono fingere che sia qualcosa di organico e desensibilizzarci pian piano. Tenete anche presente che il virus è ormai diffuso in tutto il mondo, pure in Asia. Unknown 9 Awakening e Forspoken ne sono due chiari esempi. E se titoli alla Dragon Age Viola escono in determinate condizioni, il problema non è neanche più il consulente ma proprio il dipendente. Hanno già messo le radici. Ed è un problema serio che potrebbe ridurre l’industria videoludica nelle condizioni di Hollywood. Perciò, quando lo streamer o il giornalista fazioso di turno vi dice che il woke nei videogiochi non esiste o che non è un problema, vi autorizzo personalmente a sputargli in un occhio. Preparate il risucchio, mirate e poi dite che vi manda lo zio sexy. Non serve altro. Ok? Bene. La messa è finita, andate in pace.

2 commenti

  1. Amen. È una piaga che dilaga nell’indifferenza di un utenza ormai demente come loro, seppur in altre forme… e compulsiva negli acquisti che non sa dire NO.

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