Fidarsi ciecamente di uno sviluppatore e comprare a scatola chiusa non è proprio la mossa più intelligente che si possa fare. Soprattutto quando persino studi come CD Projekt RED dimostrano di non meritarsela, quella fiducia. Il panorama del gaming nel 2020 è stato illuminante sotto tanti punti di vista.
Chi vi parla rientra tra gli acquirenti insoddisfatti di Cyberpunk 2077, coloro che l’hanno addirittura preordinato (sono, ahimè, un malato di limited edition) per poi chiedere un rimborso una settimana dopo il lancio. Sapevo che il gioco sarebbe stato afflitto da problemi tecnici, ma mai avrei immaginato di beccarmi una delusione tanto cocente.
Delusione dal punto di vista strutturale, ruolistico, dell’interazione con l’ambiente e dell’intelligenza artificiale. Per non parlare dei contenuti promessi e poi tagliati, di demo e trailer realizzati a regola d’arte in stile Ubisoft e tutte le altre menzogne di una campagna marketing spregiudicata.
Alcuni direbbero che c’era da aspettarselo. D’altronde più un gioco è hyppato, più c’è il rischio che possa deludere e rivelarsi un flop. E se ci pensiamo un attimo il mondo del gaming del 2020 (qui la nostra Top 10) ha raffigurato alla perfezione questo concetto.
Tra i miei titoli preferiti dello scorso anno troviamo infatti Hades, Ori and the Will of the Wisps, 13 Sentinels: Aegis Rim e Yakuza: Like a Dragon. Niente di particolarmente mainstream o su cui sono stati investiti milioni in pubblicità, visto e considerato che Supergiant Games e Vanillaware, ad esempio, non superano i 30 dipendenti ciascuna.
Perché forse, per creare un videogame di alto livello, basta offrire un’esperienza solida e concreta senza promettere la luna. Magari crearlo con una chiara direzione artistica e strutturale fin dal principio, non sulla base di idee vaghe che cambiano di giorno in giorno.
Pubblicare alfa, beta, demo o accessi anticipati per dar modo a chiunque di toccare con mano il progetto anziché accaparrarsi quanti più preordini e finanziarsi lo sviluppo ingannando dei clienti all’oscuro di tutto.
Ritengo assurdo che si cada ancora nell’errore di Anthem, Fallout 76, Marvel’s Avengers e simili sottovalutando il quoziente intellettivo dei videogiocatori. Da che mondo e mondo se vendi un prodotto difettoso non puoi cadere dal pero aspettandoti soltanto reazioni entusiastiche come quelle di una stampa specialistica sempre più inadatta e lontana dalla realtà.
Il punto è che fidarsi, specie nell’industria del gaming, non paga e non ha mai pagato, non è stata certo una novità del 2020. Aspettiamoci comportamenti sempre più scorretti da parte dei grandi publisher, quelli che rispondono soltanto agli azionisti. Non c’è verso che cambino rotta, almeno finché ci sarà gente pronta a difenderli e supportarli.
So quanto possa essere difficile scrollarsi l’hype di dosso, eppure un po’ tutti dovremmo provarci. Documentarsi e pazientare prima di ogni acquisto sembra scontato, sulla carta. Salvo poi ritrovarsi (mea culpa) a spendere centoni in edizioni limitate di giochi riposti sullo scaffale mezz’ora dopo.
Vi garantisco che un Hades o un Yakuza: Like a Dragon valgono mille volte un Cyberpunk 2077. Non lasciatevi ingannare dall’apparenza e scavate a fondo. Usate Twitch, YouTube e ogni strumento a vostra disposizione per accertarvi della qualità di ciò che state comprando.
Scoprirete che oltre alle triple A di avido, amorale e abominevole si nasconde una vastità di gemme magari meno luccicanti delle altre ma dal valore enormemente superiore. Basta solo aguzzare un po’ la vista.