“Tanto lo fanno tutti” è una delle giustificazioni più tristi che si possano trovare, qualunque sia il discorso. Questo è particolarmente vero quando si vuole giustificare qualcosa di palesemente sbagliato, come il menefreghismo dietro il lancio di Fallout 76.
Non è un segreto che molti videogame vengano commercializzati in uno stato pietoso. Tantissime volte abbiamo a che fare con pubblicità ingannevole: Ubisoft mostra nei video grafiche straordinarie che non corrispondono al reale, Nintendo applica anti aliasing come se non ci fosse un domani, Hello Games promette la luna in No Man’s Sky e consegna un tegolino, BioWare dice che cambia il mondo con Anthem e poi pubblica un gioco rotto. La pubblicità ingannevole esiste da un pezzo, serve a vendere le Collector’s Edition da 120 euro e le steelbook in simil-ferro.
Todd Howard, illustre game designer, vanta nel proprio portfolio videogame di altissimo livello, come Morrowind, Oblivion, Skyrim e Fallout 3. Sempre nel suo portfolio c’è poi un altro coso, che non ha esattamente la stessa qualità dei cosi precedenti. Il coso in questione è Fallout 76.
Se non avete vissuto negli ultimi mesi dentro un rifugio anti atomico, saprete che Fallout 76 probabilmente non concorrerà per gioco dell’anno. Come per tanti altri videogame, lo sviluppatore aveva promesso qualcosa di glorioso, per poi portare sul mercato un videogame afflitto da innumerevoli problematiche tecniche e contenutisticamente povero.
Todd Howard ha rilasciato un’interessante intervista ai microfoni di Ryan McCafrey, uno dei produttori esecutivi di IGN. L’editor ha voluto indagare sul caso Fallout 76, domandando essenzialmente come Bethesda abbia potuto lanciare il gioco in una condizione del genere.
La risposta – o meglio LE risposte – di Howard sono state un tantino inquietanti.
Todd Howard, direttore di Skyrim, Oblivion e Fallout 76
Bethesda era perfettamente consapevole della condizione di Fallout 76. Sapevano che che il gioco era rotto, sapevano che non aveva nulla a che fare con gli standard fissati da The Elder Scrolls o da Fallout. Per stessa ammissione del direttore, sapevano che il prodotto era qualitativamente lontano dalle precedenti produzioni dello studio di sviluppo americano. In un primo momento Howard ha quasi dato la colpa alla community e ad una sorta di chiusura mentale nei confronti delle nuove idee. Poi però le cose sono precipitate. Andiamo a vedere come.
“Sapevamo che avremmo avuto un sacco di difficoltà. E’ stato un ciclo di sviluppo complicato, c’erano un mare di nuovi sistemi in gioco, cose nuove che volevamo provare. Ogni volta che fai qualcosa di nuovo, come in questo caso, sai che riceverai la tua dose di critiche, sai che un sacco di gente dirà che quello non è il gioco che si aspettava da noi. Ma volevamo comunque provare cose nuove. Lo sviluppo del gioco è stato molto complicato. Molte di queste complicazioni sono arrivate fino allo schermo del giocatore, e lo sapevamo. Questo non è il tipo di gioco che la gente è abituata a vederci produrre, riceveremo un po’ di critiche. Molte di queste critiche sono state assolutamente meritate.”
Per come è stato posto il discorso, sembra che Howard stia dicendo che le critiche siano dipese dalle nuove idee che lo sviluppatore aveva deciso di abbracciare con Fallout 76 (nello specifico la componente multiplayer). Per quanto molti giocatori avrebbero preferito un nuovo capitolo single player, il problema del gioco non era affatto la sua natura da live service, ma la discutibilissima qualità con cui ha raggiunto il mercato. E questo, Todd Howard, lo sa bene.
Pur avendo tante potenzialità, Fallout 76 è stato lanciato in una condizione inaccettabile
Proseguendo nell’intervista, McCafrey inizia a parlare dei precedenti blockbuster del designer, e fa notare come Fallout 76 sia stato una specie di incidente di percorso. Tutto verissimo, ma a quel punto il designer si uccide con le sue mani, dicendo:
“E’ vero, ma questo gioco non era in linea con quelli precedenti. Sapevamo che non sarebbe stato al livello degli altri, lo sapevamo fin dall’inizio. Questo non sarebbe stato un gioco con una media alta su Metacritic, considerato ciò che è.
[…]
Tutti i giochi di questo tipo, siano essi nostri o di altri sviluppatori, vengono lanciati in un certo modo. Non importa come lanci il gioco, l’importante è come diventa nel tempo.”
Howard ha letteralmente ammesso che il modo in cui un videogame arriva sul mercato non è rilevante. Puoi lanciare un gioco praticamente rotto, perché tanto poco per volta verrà corretto e migliorato. Secondo il suo punto di vista, vendere un gioco imbarazzante è da considerarsi normale. Va accettato, perché lo fanno tutti. Dato che è la prassi, allora deve essere compreso, deve diventare lo standard, cavolo è già uno standard! Bisogna prenderne atto e accettarlo. Essenzialmente ciò che è stato fatto da Fallout 76, da Anthem, da No Man’s Sky e affini è giusto, è corretto.
Dobbiamo fare molta attenzione, perché queste dichiarazioni – ovviamente gravissime – vengono da uno dei più importanti game designer dell’industria. Howard ha un peso mostruoso nel panorama videoludico odierno.
Anthem ha avuto un lancio concettualmente simile a quello di Fallout 76
Il fatto che un designer della sua caratura consideri normale una pratica tanto vergognosa è assolutamente inaccettabile, fa restare impietriti. Questo signore ci sta dicendo che dobbiamo accettare prodotti rotti venduti a prezzo pieno. Noi dovremmo spendere 60 euro (e più), portare a casa un aborto, fare nervi e attendere pazienti. Alla fine avremo un gioco completo, finito e divertente. Magari un annetto dopo, mentre intanto saranno usciti tanti altri giochi, anche loro rotti, si suppone. Questa è la visione di uno dei game designer più apprezzati del mercato.
Noi invece siamo completamente pazzi, e nella nostra follia riteniamo che un gioco debba arrivare sul mercato quando è pronto per essere venduto. Siamo talmente pazzi da credere che ciò che paghiamo debba darci un riscontro QUANDO lo paghiamo. Non un anno dopo. E nemmeno sei mesi dopo.
Un videogame, qualunque esso sia, deve partire da fondamenta solide, da basi stabili intorno a cui costruire.
Osserviamo Destiny 2 e The Division 2, facciamo un bel paragone con Fallout 76 e Anthem. I primi due sono stati lanciati con contenuti validi, offrendo almeno una ventina di ore di intrattenimento di qualità. A circa un mese dal lancio hanno entrambi deluso i giocatori, perché l’endgame era deficitario. Eppure il nucleo di entrambi i giochi funzionava, la base di partenza c’era ed era convincente. Da lì Destiny 2 ha costruito un buon prodotto, e si spera che anche The Division 2 possa fare lo stesso.
I giocatori hanno avuto da ridire, perché se un videogame ti piace vuoi continuare a giocarlo, vuoi che abbia un endgame lungo, coinvolgente. Fondamentalmente abbiamo avuto la sensazione di aver pagato il giusto, di esserci divertiti, di aver tratto ciò che dovevamo dal nostro investimento iniziale. Quei giochi, in linea di massima, valevano i 60 euro richiesti.
Diversamente da Fallout 76, Destiny 2 è stato lanciato in una condizione più che soddisfacente
Dall’altro lato abbiamo Fallout 76 ed Anthem, che raggiungono il mercato facendo incazzare i giocatori fin dal day one. Si arrabbiano perché ciò che offrono non vale 60 euro. Non ne vale nemmeno 30. Si arrabbiano perché sono prodotti che in tanti casi si rivelano addirittura ingiocabili, con crolli del framerate, console che si spengono a causa del surriscaldamento, crash dell’intero sistema operativo, launcher che non funzionano e server che cadono a manetta.
In uno scenario del genere è inevitabile sentirsi truffati. E per assurdo, ciò che Howard sta dicendo è che questa truffa è normale, è giusta, è lo standard. Secondo lui va bene così. E noi ci domandiamo come riesca a guardarsi allo specchio.
Attenzione, la maniera in cui uno sviluppatore supporta un gioco dopo il lancio è importantissima, fondamentale nel caso di un live service. Se un gioco è fatto per durare nel tempo è chiaro che gli aggiornamenti saranno fondamentali. Ma è altrettanto vero che non puoi vendere a prezzo pieno un gioco rotto e pensare che sia tutto ok perché “tanto lo fanno anche gli altri”. Non è accettabile.
No Man’s Sky ha deluso le aspettative della community, ma gli sviluppatori hanno dimostrato di avere un paio di palle d’acciaio, e hanno continuato a lavorare senza sosta migliorando i contenuti, espandendoli e risolvendo le innumerevoli problematiche che affliggevano il titolo. Sono riusciti a recuperare da una situazione disastrosa, nessuno qui vuole negarlo. Ma questa non può essere la prassi, non può e non deve esserlo.
E’ possibile che in futuro Fallout 76 ed Anthem valgano i 60 euro che abbiamo pagato. Solo che quei soldi noi li abbiamo già spesi. Non li toglieranno dalla nostra carta di credito quando i loro prodotti meriteranno l’acquisto. Ad oggi noi abbiamo scelto male, abbiamo comprato fumo.
Dopo un lancio disastroso, No Man’s Sky è effettivamente riuscito a recuperare
Per fortuna, a dispetto delle dichiarazioni di Howard, sembra che i giocatori stiano lentamente aprendo gli occhi, anche se non nella maniera sperata. Per il momento possiamo consolarci pensando che né Fallout 76 né Anthem hanno raggiunto le aspettative di vendita. Possiamo pensare agli sconti immediati da parte delle grandi catene, che si sono ritrovate con un invenduto colossale. E l’invenduto è sintomo di una maggiore informazione tra i giocatori, significa che la gente si documenta prima di scegliere cosa acquistare, significa che il marketing è solo una parte dell’ingranaggio, e che il passaparola, internet e YouTube hanno ancora un’utilità.
Per fortuna.