Il post mortem di Dragon Age Viola

Questa non è tanto una recensione quanto un post mortem. Di Dragon Age Viola (o The Veilguard, se preferite) si è già straparlato in lungo e in largo, tanto che l’argomento mi ha quasi stancato. Avrete sicuramente ascoltato le analisi dei pochi canali italiani competenti (e sapete a chi mi riferisco) in grado di spiegare nel dettaglio ogni aspetto del titolo. Non voglio risultare pleonastico né tedioso. Ma questo video ve lo devo, perché settimane fa ho espresso un parere scettico prima di aver provato il gioco e ora, dopo averlo finito, il quadro è completo.

Se ricordate, basandomi su trailer e anteprime ho definito Dragon Age Viola un titolo apparentemente “senza palle e senza mordente che si limita al compitino”. Ho anche detto che sembrava essere pervaso da un’atmosfera cartoonesca e politicamente corretta. Mi sbagliavo? No. E vi dirò di più. È peggio di quanto pensassi. Giunto ai titoli di coda non sono neanche riuscito a incazzarmi, perché a prendere il sopravvento sull’ira era stata la delusione.

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Una grande occasione sprecata, un enorme passo falso per i portabandiera di uno studio che ha fatto la storia dei GDR occidentali. Neverwinter Nights, KOTOR, Jade Empire, Mass Effect. Morti. Così come Dragon Age. Morto, insieme alla reputazione di Bioware che nel corso degli anni ha perso tutti i membri della vecchia guardia, fatta eccezione per l’ormai decaduto John Epler. Il resto è andato in altri lidi o s’è aperto un team di pacca. E chiamali stronzi.

Del resto lavorare per quell’androide di Andrew Wilson non dev’essere un’esperienza simpatica da raccontare ai nipotini davanti al caminetto. Specialmente quando ti trovi nelle condizioni di dover partire con un single player, convertirlo in un live service e poi riconvertirlo in single player nel giro di 8 anni. Con anche fuoriuscite spontanee e centinaia di licenziamenti in mezzo. In confronto persino in Ubisoft si lavora bene.

E vi dirò, per certi versi potrei anche giustificare la mediocrità di Viola affibbiando la colpa del pastrocchio alla dirigenza. Ma ciò non toglie che alcuni elementi siano ingiustificabili a prescindere dalla natura dello sviluppo. Così come è impossibile ignorare la totale assenza di una visione artistica. Si vede che al progetto abbiano lavorato dei dilettanti, gente alla prima esperienza in un settore che forse non fa neanche per loro. Le politiche DEI hanno sicuramente fatto il proprio corso negli studi di sviluppo moderni e possiamo rendercene conto andando giusto a vedere chi siano e cosa scrivano sui social game director e lead writer.

I sintomi dello sviluppo travagliato sono evidenti. La struttura è quella di un multigiocatore cooperativo a istanze, vedasi Warframe, con tanto di HUB centrale da cui scegliere la missione, potenziarsi e interagire con gli NPC. Menù, interfacce, sistemi di loot e progressione, attività secondarie e level design sono tutti lasciti della natura da ex live service del titolo. E per carità, non si avverte nulla di particolarmente rotto o malfunzionante nel modo in cui l’esperienza scorre col passare delle ore. Si tratta solo di un gioco formulaico, piatto e ripetitivo. Lo si finisce quasi per inerzia, è uno di quei fast food senza infamia e senza lode che mandi giù perché hai fame e sei a corto di opzioni. Accettabile, sì. La classica sufficienza che prende chi si limita al compitino.

Il fatto è che non posso accontentarmi della sufficienza in un titolo come Dragon Age, nome divenuto oggetto di culto per moltissimi giocatori. Mi aspetto un trattamento con i guanti, mica uno sfregio. Se intacchi o distruggi una reliquia, come minimo i fedeli ti prendono a forconate sulle chiappe. Infatti si stima che le vendite di Dragon Age Viola, ad oggi, siano addirittura inferiori al milione. Sono dati provenienti da insider anonimi quindi prendeteli con le pinze, ma se fosse vero non mi stupirei per niente. Coincide con la versione di EA, che archivia il progetto e passa allo sviluppo di Mass Effect 5, notizia che a questo punto suona come una minaccia.

Vedete, la gente non ha spalato merda sul gioco per le cicatrici e il personaggio non binario. Lo ha fatto perché qui di Dragon Age c’è poco e nulla. Dimentichiamoci atmosfera oscura, profondità narrativa, scelte morali complesse e dialoghi intriganti. Qui si punta ad altro. Avrò visto un paio di sezioni brevissime dai toni semi-cupi, per il resto siamo sui livelli di Immortals Fenyx Rising, con cui il gioco condivide anche lo stile caricaturale dei personaggi che li rende spesso a dir poco grotteschi. La storia, eccezion fatta per la prima ora e le ultime 2, non regala altro che cliché e sbadigli. Roba trita e ritrita fino alla nausea. Di scelte morali importanti ce ne sono due: una a metà, che comunque avrebbe potuto avere più impatto, e una alla fine della campagna. Il resto è una trascurabilissima roba alla Telltale che ti dà solo l’illusione della scelta. E i dialoghi, beh, credo sinceramente che li avrei preferiti se fossero stati scritti dall’IA.

Ascoltare una conversazione tra due personaggi di Dragon Age Viola, specie nelle missioni secondarie, è qualcosa di unico. Imbarazzante è un eufemismo. Sembra di sentire una razza aliena che prova ad imitare gli esseri umani fallendo miseramente. Vi giuro che fatico a trovare esempi di GDR AAA con questo livello di bassezza stilistica e contenutistica. Il disagio mentale di chi ha scritto questi dialoghi pensando potessero funzionare non ha confini. Se poi ci aggiungiamo il doppiaggio robotico e le espressioni facciali stile Andromeda la frittata è servita.

Li avrei in parte perdonati se mi avessero dato la possibilità di rispondere male, comportarmi da stronzo o uccidere gente a caso. E invece no, neanche quello. Devi stare buono, non alzare la voce e rispettare i tuoi amichetti. Non siamo mica in un gioco di ruolo! Infatti qui di GDR c’è appena il retrogusto. Perché lo sappiamo, non è un genere che vende. Vero? Meglio dare ai bimbi di Fortnite la pappa pronta e tenergli la manina per tutto il tragitto. Persino in un gioco da 18+. Evidentemente è questo che Electronic Arts pensa dei giocatori. Bambini stupidi, tossici e maleducati. Vi ricordate di quando la buonanima di Patrick SOYderlund ci dava degli ignoranti in seguito alle critiche ricevute da Battlefield 5? Fa piacere constatare che dopo 6 anni non abbiano imparato assolutamente nulla.

Anzi, direi che sono addirittura peggiorati. Includere un personaggio come Taash (per gli amici Traash) credo sia proprio la ciliegina sulla torta di sterco. La definirei la Karlach dei poveri, ma sarebbe un complimento. Ecco, Taash è il self insert del game director, autodefinitosi “Queerosexual Gendermancer” con una faccia seria. Evviva gli arcobaleni. Se pensano di fare inclusione e diversità in questo modo e con dei personaggi scritti così, forse è meglio non trattare proprio certe tematiche. Non ne sono in grado. Ma d’altronde questi qui non sono capaci di scrivere punto, figuriamoci scrivere roba complessa e trattare argomenti delicati. Di tutti i personaggi salvo solo Emmrich e un 70% di Solas. Ed entrambi non valgono neanche un pelo pubico di Heismay in Refantazio. Però ehi, 10/10 con tanto di candidatura ai GOTY. Evviva l’onestà.

Ah, a proposito di onestà, prima vi ho mentito. Ho detto che dopo i titoli di coda ero più deluso che incazzato. In realtà no. Quando è partito il filmatino del finale segreto, ho nominato più volte il signore e ad alta voce. Perché questi non si sono limitati a pisciare sulla tomba di Dragon Age, ma vogliono addirittura violarne la salma. Ora capisco il motivo per cui nel gioco la necromanzia venga trattata con estrema leggerezza. La stanno utilizzando impunemente. Pertanto propongo un cambio di nome da Bioware a Necroware. Li vedo già pronti a infettare Mass Effect inserendo l’Asari che non si sente donna, il Krogan pacifista, il Salarian millenario e il Turian rinnegato. E il guaio è che conoscendoli potrebbero farlo per davvero. D’altronde hanno già inserito i pronomi nel gioco da tavolo.

Questa è gente un tantino disturbata. Non so se avete visto la chat Slack dei dipendenti Activision trapelata nei giorni scorsi. Follia. E il vero dramma qui è che il mondo dell’intrattenimento, grazie ai fondi ESG, si sta riempiendo di simile immondizia. Non solo pazzi e attivisti ma anche incompetenti. Se le aziende assumessero con criteri meritocratici e non in base alla DEI, probabilmente non vedremmo prodotti di questo tipo. E invece mi sa che andrà sempre peggio.

L’esempio che ci lascia Dragon Age Viola dovrebbe far suonare un campanello d’allarme nella testa di ognuno, persino dei più faziosi. Va davvero bene lasciare questi disagiati rovinare i nostri hobby e vederli defecare sopra i nostri franchise preferiti? Prima i film, poi i fumetti, ora i videogiochi. Anime e manga sono già nel mirino. Chiediamoci se sia ancora giusto far finta di nulla e continuare a nascondersi dietro un dito. Se la risposta è sì, beh allora mi spiace ma ci meritiamo l’industria videoludica che abbiamo oggi.

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