La director di Dragon Age the Veilguard, Corinne Busche, ha lasciato BioWare. Licenziamento o decisione personale, è difficile dirlo, come al solito c’è una versione ufficiale e dei sospetti che non potranno essere confermati.
Naturalmente sappiamo che Dragon Age è una delle serie RPG più amate di sempre, che con la prima trilogia ha fatto sognare milioni di giocatori. Eppure, gli ultimi anni non sono stati facilissimi per BioWare. L’uscita di Dragon Age the Veilguard ha sollevato più polemiche che applausi, e ora che la sua direttrice, Corinne Busche, ha lasciato la compagnia, le domande non fanno che moltiplicarsi.
Corinne ha lavorato in Electronic Arts per ben 18 anni, un lasso di tempo decisamente lungo a prescindere dalla professione. Durante questo periodo, ha avuto ruoli di tutto rispetto, culminati proprio con quello di game director di Dragon Age the Veilguard. Ma proprio in questi giorni ha comunicato la propria decisione di dire addio a BioWare, dichiarando di aver ricevuto un’offerta che, parole sue, “non si può rifiutare”. La curiosità cresce, perché queste dichiarazioni ufficiali spesso nascondono molto più di quello che sembrano.
Facciamo un passo indietro per mettere tutto in prospettiva. Dragon Age the Veilguard doveva essere il grande ritorno di BioWare ai fasti di un tempo, ma non è andata così. Il gioco è stato accolto in modo tiepido e, sotto molti aspetti, è stato considerato un flop, con volumi di vendita quasi certamente inferiori rispetto alle aspettative di Electronic Arts (lo si evince dalla totale assenza di comunicazioni roboanti sui numeri registrati). Questo nonostante la promessa di riportare il brand alle sue radici: un RPG single-player di alta qualità. La nostra Corinne, durante un’intervista a Eurogamer, ha ribadito il suo amore per il progetto e per Bioware, definendo il suo lavoro “un privilegio”. Ma ragazzi, diciamocelo: quanto di questo è sincero e quanto è una mossa strategica per evitare polemiche?
Qui iniziano le domande. È stata davvero Corinne a decidere di lasciare BioWare perché attratta da un’offerta irrinunciabile, o c’è dietro qualcosa di più complesso? Quando un gioco come Dragon Age the Veilguard non riesce a raggiungere le aspettative, le dinamiche interne agli studi di sviluppo possono diventare piuttosto intricate, anche per il suo game director. Non possiamo escludere che il suo addio sia stato, in qualche modo, il risultato di tensioni o divergenze. Oppure, come sostengono alcuni, Corinne ha semplicemente deciso di abbandonare una nave che stava affondando, un po’ alla maniera dei topi.
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Guardando al futuro, la stessa Corinne ha dichiarato che rimarrà nel mondo degli RPG, ma non ha fornito dettagli sul suo prossimo progetto. Questo ha alimentato una serie di speculazioni tra i fan. Alcuni credono che potrebbe finire a lavorare per Obsidian, uno studio che ha raccolto molti ex BioWare nel corso degli anni. Altri pensano che potrebbe approdare in qualche team indipendente. La verità? Nessuno lo sa con certezza, ma è innegabile che questa vicenda abbia acceso i riflettori su di lei come mai prima.
E ora parliamo di Dragon Age the Veilguard, perché è impossibile separare la figura di Corinne dal progetto che ha diretto. Il gioco è stato segnato da problemi enormi, molti dei quali legati a decisioni prese durante lo sviluppo. Pensate che inizialmente doveva essere un live service, poi è stato trasformato in un single-player, con tutto ciò che ne consegue nello strascico strutturale che risulta evidente nel prodotto finito. Un caos, insomma. E questo caos si riflette nel gioco finale: un titolo frammentario, che non riesce mai a trovare una sua identità.
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Ma il vero tallone d’Achille di Dragon Age the Veilguard è stato un altro: la qualità della scrittura. In un RPG, la narrativa e i personaggi sono fondamentali, ma qui, purtroppo, le cose non hanno funzionato. Prendiamo, per esempio, Emmrich, uno dei personaggi principali, considerato da tanti come il migliore del gioco. Ma non ci vuole molto ad essere il migliore, se tutti gli altri personaggi sono al massimo mediocri. Non è il peggiore del gruppo, ma è lontano anni luce dai grandi personaggi che hanno reso celebre Dragon Age o qualsiasi altro RPG. Questo è un problema enorme per un gioco che pretende di essere un gioco di ruolo con una forte enfasi sulla narrativa.
Ma torniamo a Corinne Burche, la game director di Dragon Age the Veilguard. Possiamo davvero attribuirle tutte le colpe? Probabilmente no. Essere game director è un ruolo complesso, e quando lavori in uno studio come BioWare, sotto l’egida di una compagnia gigantesca come Electronic Arts, le pressioni e le interferenze sono costanti. Non è difficile immaginare che molte delle decisioni più controverse siano state prese a un livello superiore. Eppure, è inevitabile che una parte (anche considerevole) delle responsabilità ricadano su di lei, soprattutto se teniamo presente che Veilguard doveva rappresentare il ritorno di BioWare ai suoi giorni di gloria.
E qui arriviamo al punto cruciale: cosa significa l’addio di Corinne per il futuro di BioWare? Da una parte, potrebbe essere un segnale positivo. Cambiare leadership, in un momento di crisi, può portare nuove idee e una ventata di freschezza. Dall’altra, è impossibile ignorare il fatto che lo studio sta attraversando una fase a dir poco calante ormai da svariati anni. È infatti da parecchio tempo che i fallimenti rappresentano la norma per BioWare, e l’uscita di scena di una figura importante come Corinne non fa che alimentare le preoccupazioni.