Ah, gli americani. Come farebbero senza i tribunali, senza poter querelare chicchessia per i motivi più banali e ridicoli di questo mondo?
La domanda, ovviamente, è retorica.
Vi ricordate di Digital Homicide, lo studio indie perennemente indignato che citò in giudizio Jim Sterling per aver espresso dei pareri negativi su alcuni dei loro titoli?
Ebbene, i paladini della libertà di parola sono tornati alla carica e hanno deciso di chiedere 18 milioni di dollari di danni ad un centinaio di utenti anonimi rei di aver recensito negativamente alcuni tra i propri titoli su Steam. E no, non si tratta di uno scherzo.
Per onor di cronaca e per darvi un’idea di chi siano i Digital Homicide, iniziamo ricapitolando brevemente la vicenda Sterling.
Nel novembre 2014 il caro Jim pubblicò sul suo canale un video di impressioni a caldo su Slaughtering Grounds, un pessimo sparatutto ad opera del suddetto team statunitense, criticandolo per la sua mancata ottimizzazione, i bug, la legnosità e definendolo inoltre il peggior gioco uscito quell’anno.
In seguito gli sviluppatori, i fratelli Romine, pubblicarono due video di risposta all’interno dei quali commentavano la recensione di Sterling con toni sarcastici ed altamente offensivi.
Come se non bastasse cercarono anche di fargli rimuovere il video di critiche attraverso strike DMCA ma il tentativo si rivelò fallimentare poiché YouTube diede ragione a Sterling.
La figura barbina non fece altro che esacerbare gli animi di Digital Homicide e li spinse successivamente a querelare l’ex redattore di Destructoid chiedendogli 2,26 milioni di dollari in danni al prodotto, 4,3 in danni morali e d’immagine e 5 in sanzioni dirette.
Da notare che lo studio con sede in Arizona, non disponendo di un avvocato, ebbe addirittura il coraggio di iniziare una campagna di crowdfunding (poi prontamente chiusa) alla ricerca di finanziamenti per le spese legali.
Ad ogni modo, per quanto riguarda la causa in sé, sembra che Sterling la stia spuntando con una richiesta di archiviazione, dunque non c’è motivo di credere nell’interesse da parte della corte nel portare avanti la vicenda più del dovuto.
Evidentemente disperati, oggi i Digital Homicide hanno cambiato bersaglio rivolgendosi agli utenti su Steam.
Circa 100 profili anonimi sono infatti stati accusati di stalking, calunnia, abusi virtuali e creazione di false identità per delle semplici recensioni o dei commenti negativi su giochi come Dungeons of Kragmor e Krog Wars, mediocri a dir poco.
Tra i post incriminati, raccolti sotto forma di dossier da un gruppo intenzionato a smascherare i comportamenti scorretti dei Romine, figurano persino diverse accuse di spam su Greenlight e plagio; quest’ultimo non è certo una novità se si considera che in passato il team americano ha utilizzato concept e modelli scovati su internet senza chiedere alcun permesso agli autori.
Fortunatamente Valve è intervenuta con un comunicato tempestivo stabilendo di aver terminato i rapporti con lo studio in questione a causa della sua ostilità nei confronti dell’utenza, rimuovendone inoltre l’intero catalogo dallo store.
E cos’ha fatto Digital Homicide? Ha pubblicato un piccato post sul proprio sito dichiarando di voler intraprendere azioni legali contro il colosso di Bellevue.
Ecco dunque un altro caso di sviluppatori indipendenti che hanno perso il contatto con la realtà (in molti ricorderanno la faccenda riguardante Totalbiscuit e Wild Games Studio) e si sono esposti al pubblico ludibrio ottenendo in cambio soltanto danni probabilmente irreparabili.
Anziché sprecare il proprio e l’altrui tempo a cercare di censurare le opinioni sul web, sarebbe opportuno imparare dalle critiche ricevute e dedicarsi alla creazione di titoli quantomeno accettabili.
E’ sempre più facile scrollarsi di dosso ogni responsabilità puntando il dito contro gli abusi -reali o immaginari- di terzi in quanto privi dell’onestà di ammettere gli errori commessi.
E fidatevi, in questo settore non è neanche un comportamento così raro; sono tanti, troppi i PR/publisher con la puzza sotto il naso pronti a togliere il saluto e la fornitura di copie review solo perché ci si permette di esprimere un onesto giudizio intellettuale su qualsivoglia titolo.
Cerchiamo di capire che i pareri divergenti ci saranno sempre, la soggettività è insita nel settore della critica videoludica e silenziare qualcuno in base al suo punto di vista significa ammettere implicitamente di essere insicuri o, ancora peggio, fascisti.