Immaginate di essere un fan di Diablo in questo preciso istante. Sei anni di attesa dopo un terzo capitolo caratterizzato da un lancio a dir poco deludente, una marea di promesse e hype da parte di Blizzard e poi il nulla. Anzi, per alcuni il nulla sarebbe stato anche meglio di Diablo Immortal. Il nuovo giochino in esclusiva mobile ha infatti unito tutta la fanbase nella più cocente delle delusioni, in un modus operandi simile a quello di Electronic Arts.
Activision Blizzard ha in sostanza riprodotto su larga scala quanto successo con Dungeon Keeper e Command & Conquer. Ha preso una serie nata e cresciuta su PC, gli ha strappato l’anima e l’ha piazzata su mobile senza farsi troppe domande. Che so, “interesserà a qualcuno?”, “cosa penserà la community?” o “ha senso Diablo sui cellulari?”. Le risposte dei fan sono arrivate, e anche in fretta.
Nel Q&A dedicato al gioco durante l’ultimo BlizzCon c’è stato spazio per grasse risate e umiliazioni. Alla domanda di un tizio che chiedeva se Diablo Immortal sarebbe mai arrivato su PC, Blizzard ha risposto semplicemente di no. Risultato? Una valanga di fischi e cori di disapprovazione dal pubblico. A quel punto i geni hanno risposto al pubblico con la fortunatissima frase “ma non avete dei telefoni?”. In pratica un suicidio in termini di PR.
Se avete familiarità con le conferenze videoludiche saprete che reazioni del genere sono davvero rarissime. Tendenzialmente in questo genere di eventi si applaude per qualsiasi cosa, persino per le stronzate. E invece stavolta il fiasco è stato talmente grande da meritarsi la beffa dei partecipanti. Clamorosa standing ovation quando l’eroe della serata ha chiesto agli sviluppatori se si trattasse di un pesce d’aprile fuori stagione. Bei momenti, proprio degni di una serie prestigiosa come Diablo. Complimenti, Activision Blizzard.
Diablo Immortal è previsto solo su sistemi iOS e Android
È venuto fuori, tra l’altro, che Diablo Immortal nasce da una collaborazione con l’azienda cinese NetEase. Parliamo di un colosso asiatico nel settore del gaming mobile in Cina che fattura oltre 6 miliardi di euro l’anno. Ciononostante la qualità dei suoi titoli lascia parecchio a desiderare, in quanto ricadono spesso e volentieri nella categoria di cloni o schifezze freemium. Roba tipo Survival Royale, Rules of Survival, Knives Out e Fortcraft. Non certo capolavori, insomma, ma a quanto pare fruttano bigliettoni.
Ecco spiegato l’interessamento di Activision, come al solito in prima linea quando si tratta di ammassare miliardi. Non importa se a discapito dei fan che hanno permesso a Diablo di vivere oltre 20 anni. Il target ormai è un altro. I core gamer non contano quasi più niente nella grande scacchiera del business videoludico odierno. Basti vedere in che modo persino le serie originariamente di nicchia (Final Fantasy, Battlefield e tanti altri) stiano spingendo furiosamente sul passaggio al mainstream, anche a discapito della qualità e dei principi che le hanno rese celebri.
Nel caso di Diablo, l’utenza aveva già il dente avvelenato da tempo. C’era la vaga impressione che a Blizzard non importasse nulla dei feedback ricevuti con Diablo 3, senz’altro il peggior capitolo della serie. L’arrivo di un potenziale sequel e di una remaster del secondo erano gli unici barlumi di speranza per gli aficionados. Salvo poi essere trollati brutalmente all’ultimo annuncio della relativa conferenza più importante dell’anno. Beccatevi la nostra fantastica app semi-cinese di cui nessuno sentiva il bisogno! Evviva.
La presentazione di Diablo Immortal ha fatto incazzare un buon numero di giocatori
App che non sarà affatto riempita fino all’orlo di microtransazioni invasive e tattiche predatorie! E poi dai, questo Diablo Immortal mica ricorda l’ultimo giochino di NetEase su mobile! Sono diversissimi! Noi abbiamo il sospetto che abbiano cambiato solo le texture.
Sarcasmo a parte, se volete ridere un po’ andate sulle pagine social e sul canale YouTube del franchise. Tonnellate e tonnellate di commenti perculatori, in larga parte censurati e cancellati da Blizzard. Poi c’è anche un bellissimo 97% di pollici in giù sui trailer di Diablo Immortal, che dovrebbero regalarvi qualche sorriso. Questi gli unici lati positivi della vicenda.
Poi beh, ci sono i cosiddetti giornalisti videoludici che danno sempre il meglio di sé. A quanto pare noi fan di Diablo siamo bambocci capricciosi e arroganti perché ci lamentiamo. Non importa se sono stati i nostri soldi e il nostro supporto a rendere Blizzard e Diablo quello che sono oggi. Siamo presuntuosi e maleducati. Anni di promesse infrante e bugie dai vertici dell’azienda ma il problema siamo noi. È incredibile come dei siti nati per aiutare i giocatori adesso non facciano altro che attaccarli. A questo punto tanto vale che si dedichino all’ippica, al canto, al cucito. Non servono più a niente se non a promulgare censure e intrusioni della politica nei videogiochi, oltre che difendere le pratiche scorrette dei publisher.
E tutta l’industria del gaming, purtroppo, sta andando in una direzione molto pericolosa. Tra il proliferare di micro transazioni, season pass, femminismo, censure e altre porcherie si arriverà presto a un punto di non ritorno. Per quanto ci riguarda rimaniamo dell’opinione che chi prende per il culo i giocatori non meriti la nostra considerazione. Activision Blizzard, EA, Ubisoft, Warner Bros, Take Two e, a malincuore, Sony fanno già parte della lista nera. Speriamo di non dover aggiungere anche Capcom e Bethesda, che con Fallout 76 si prepara a uno dei lanci più disastrosi nella sua storia recente.
Si può campare solo di titoli giapponesi, indie e CD Projekt RED? Sembra di sì. D’altronde, se la filosofia dei colossi occidentali si basa sullo sfruttamento degli utenti e l’intrusione della politica nei videogiochi, la nostra voglia di donargli un singolo centesimo diventa pari a zero. Fun fact: sapete che Ubisoft ha censurato Rainbow Six Siege prima della sua release in Cina? Rimossi teschi, sangue, riferimenti sessuali e al gioco d’azzardo. E per tutti, non solo per i cinesi.
Non c’è che dire: è proprio un bel periodo per essere videogiocatori.