Detroit: Become Human ci porta in un futuro a metà fra quello dipinto da Blade Runner e quello visto in IA: Intelligenza artificiale. David Cage continua nella sua esplorazione del transumanesimo, e ci porta a domandarci cosa definisca la natura umana, il concetto di spirito e di amore, temi affrontati solo in parte in Beyond: Two Souls, meglio approfonditi all’interno di produzioni quali Ghost in the Shell, Ex Machina e Westworld.
Detroit è il lavoro più complesso nel portfolio moderno di questo particolare game designer, il più ambizioso, e probabilmente anche il più riuscito. Andiamo a scoprirlo nella nostra recensione completa.
Detroit: Become Human
Data di uscita: 25/05/2018
Versione recensita: PS4
Disponibile su: PS4
Lingua: Italiano
Prezzo di lancio: €59.99
Videogame in offerta su Amazon
Ci troviamo in un futuro in cui gli automi vengono venduti nei negozi come fossero elettrodomestici specializzati in mansioni di vario tipo. C’è chi cerca una macchina che si occupi delle pulizie di casa, della cucina, dell’accompagnamento dei disabili, ma ci sono anche agenzie governative che progettano detective, specialisti nella risoluzione di rapimenti e situazioni di crisi. Ogni funzione viene regolata da una complessa intelligenza artificiale e da protocolli che rendono gli androidi quasi degli schiavi. Non c’è nessuna libertà creativa o espressiva, né è possibile per una macchina ribellarsi a violenze o soprusi da parte degli esseri umani. Sono per l’appunto delle macchine, e come tali vengono trattate.
Naturalmente non mancano movimenti culturali e popolari che contrastano l’avanzata degli automi nel quotidiano. C’è chi perde il lavoro, chi è spaventato da una loro presenza così capillare nella società moderna. C’è chi vorrebbe distruggerli, chi organizza manifestazioni, chi prova gelosia e invidia.
E’ in questo contesto che si collocano le storie di Detroit: Become Human, storie che ci porteranno a vestire i panni di tre androidi adibiti a compiti molto diversi. Connor lavora con le forze dell’ordine, viene portato sulle scene del crimine, è specializzato nelle trattative con i criminali e nella caccia ai devianti, automi che hanno fatto del male agli esseri umani magari a causa di malfunzionamenti. Markus è invece una sorta di badante tuttofare, impegnato nella tenuta di un artista facoltoso che lo spinge a sviluppare le sue capacità creative. Kara è invece una collaboratrice domestica al servizio di un uomo burbero, violento verso la figlioletta.
Detroit: Become Human – Video recensione
Il gioco si struttura come un’avventura narrativa dove il gameplay è piuttosto marginale. Non arriviamo agli estremi dei walking simulator né delle avventure di Telltale Games, ma il fulcro del gioco restano le decisioni prese dal giocatore e la maniera in cui decideremo di comportarci.
Così come per Heavy Rain e Beyond, anche in Detroit la narrazione potrà procedere in tanti modi diversi. La sorte di ciascun personaggio sarà determinata quindi dalla nostra capacità di interpretare il contesto e di agire nella maniera più opportuna.
La storia è suddivisa in capitoli che durano dai 10 ai 30 minuti ciascuno. Alla fine di ogni episodio il gioco ci proporrà una sorta di diagramma dove saranno mostrate le decisioni che abbiamo preso, con una sintesi degli eventi salienti. Questa mappa concettuale mostra anche le altre possibili strade che avremmo potuto imboccare, indicandoci in maniera approssimativa quando avremmo potuto comportarci diversamente. I dettagli sono nascosti, pronti a venire svelati se decideremo di ripetere il capitolo una volta completato il gioco.
Tutto questo significa che c’è un certo stimolo a sperimentare effettuando scelte diverse. Si sviluppa una notevole curiosità nei confronti di ciò che sarebbe potuto essere, vogliamo sapere in che modo la storia avrebbe potuto svilupparsi. Detto questo, è altrettanto vero che ho trovato molto piacevole il mio primo playthrough. Il susseguirsi degli eventi ha una grande coerenza interna, a prescindere dalla maniera in cui decideremo di comportarci. Perfino causare la morte di qualche personaggio ha il suo perché, nulla appare gratuito o inserito forzatamente nella storia, Cage ha svolto un ottimo lavoro in termini di consequenzialità e coerenza.
La qualità grafica di Detroit Become Human è davvero notevole
E’ chiaro che il fulcro dell’esperienza sia per l’appunto la storia, e da questo punto di vista dispiace che Detroit non dica davvero nulla di nuovo rispetto a quanto visto al cinema nell’ultimo ventennio. Si parla di integrazione, di umanità, di accettazione del diverso, di razzismo, della paura di ciò che non conosciamo, di amore. Vengono fatti più parallelismi con il periodo della lotta per i diritti dei neri negli Stati Uniti, o con l’apartheid del Sudafrica.
Ho notato tanti riferimenti ad alcuni film di fantascienza piuttosto famosi, tra cui il bellissimo District 9 di Neill Bloomkamp, lo stesso Blade Runner di Ridley Scott o I.A. di Steven Spielberg. Andando nel mondo dei videogame ci sono dei riferimenti ai potenziati di Deus Ex, in particolare Human Revolution. Sarebbe stato bello se ci fosse stato un punto di vista diverso, magari una situazione osservata da una prospettiva un po’ differente. Detroit rimane piacevolissimo, ma se siete amanti del cinema di fantascienza potreste avere una sensazione di già visto che non è proprio il massimo.
Tornando alle meccaniche vere e proprie, potremo muovere il personaggio e interagire con l’ambiente circostante, ma per la maggior parte del tempo dovremo limitarci a una sorta di quick time event dove dovremo eseguire con lo stick i movimenti indicati a schermo. E’ esattamente lo stesso sistema visto nei giochi precedenti di Cage, nulla di entusiasmante né impegnativo. Chi cerca un gioco nel vero senso della parola resterà ovviamente deluso, dato che qui non c’è molto da giocare in senso tradizionale. Detroit: Become Human è una storia da gustarsi e da modificare con le proprie decisioni. Nulla di più, nulla di meno. Se cercate anche un po’ di gameplay sarebbe meglio rivolgersi ad altri prodotti, come lo straordinario Hellblade o il buon Quantum Break.
Kara è uno dei protagonisti di Detroit Become Human
Purtroppo devo sottolineare come il gameplay vero e proprio non abbia goduto di alcun miglioramento dai tempi di Heavy Rain ad oggi, essendo afflitto dalle stesse problematiche viste ben 8 anni fa. I controlli sono estremamente legnosi, e mentre faremo camminare i personaggi noteremo animazioni realizzate francamente male, del tutto fuori luogo rispetto alle scenette che sono state invece registrate con uno straordinario performance capture. In pratica sono elementi in fortissimo contrasto: da una parte sembra quasi di star seguendo un film, dall’altra pare di avere a che fare con una produzione a basso budget. E’ davvero un peccato che 8 anni (che poi sono 12) non siano bastati ad ottenere una maggiore consistenza.
C’è poi il discorso dei muri invisibili. Gli scenari sono di piccole dimensioni, e non consentono chissà quale libertà in termini di movimento. In alcuni frangenti c’è proprio la sensazione di muoversi su binari, senza la possibilità di deviare dal percorso prestabilito dagli sviluppatori. Da questo punto di vista sono limitazioni concettualmente simili a quelle dei giochi Telltale, anche se qui ci si muove decisamente di più.
A parte le animazioni durante le nostre camminate, il comparto visivo di Detroit: Become Human è ottimo. I modelli poligonali dei personaggi sono estremamente dettagliati, sia per i protagonisti che per i comprimari. C’è però anche in questo caso un po’ di inconsistenza, alcuni NPC non sembrano essere stati realizzati con la stessa cura. Le ambientazioni sono invece sempre eccelse.
Purtroppo abbiamo notato un certo downgrade della grafica in riferimento a shader e rifrazioni. L’occlusione ambientale e in generale la realizzazione delle superfici (pelle inclusa) non sono quelli che avevamo visto alle varie fiere. E’ fastidioso, ma negli anni abbiamo imparato a non fidarci troppo di ciò che viene mostrato nelle demo e nei trailer creati ad hoc per generare hype.
Detroit Become Human saprà soddisfare gli amanti della fantascienza
Superlativa la colonna sonora, fatta di pianoforte, violino, violoncello e pochi altri strumenti. Accompagna le fasi dell’avventura con grande puntualità, riuscendo ad evocare le giuste emozioni ammaliando il giocatore. Qualsiasi appassionato di musica classica o da sala vorrà probabilmente recuperare alcune delle tracce tramite YouTube, Spotify e affini.
Discreti i doppiaggi, al di sotto degli originali americani, ma comunque soddisfacenti.
Consigliato
Detroit: Become Human è con ogni probabilità la migliore avventura narrativa presente su PlayStation 4, ma anche il lavoro migliore di David Cage. Lo sviluppatore ha continuato sul proprio stile, riconoscibilissimo, aggiungendo però ulteriore libertà per i giocatori e sceneggiando tutto con indiscutibile perizia.
Le meccaniche di gioco continuano ad essere mediocri, e dopo tutti questi anni viene sempre più difficile perdonare una legnosità nei movimenti del tutto fuori luogo considerati i valori di produzione del gioco.
La storia è molto piacevole, ma non aggiunge moltissimo alle tematiche trattate, specie se siete dei conoscitori del cinema di fantascienza moderno. Il cast è comunque solido, e le possibilità di sviluppo offerte premieranno i più curiosi offrendo una sceneggiatura di spessore e sempre puntuale.
Decisamente raccomandato a tutti gli amanti della fantascienza che vogliano gustarsi una storia di alta qualità.