Il nuovo Black Mirror ci porta a riflettere sul cambiamento dei gusti dei giocatori. Ultimamente il genere dei punta e clicca ha subito dei cambiamenti radicali, quasi snaturanti, che lo hanno portato ad abbracciare la struttura più accessibile delle avventure interattive stile Telltale. È un bene? Forse sì, dal punto di vista della spettacolarità “cinematica” oggi tanto decantata. Parlando di gameplay, però, di miglioramenti se ne sono visti ben pochi. Anzi, la giocabilità è stata ridotta all’osso in favore di frequentissime cutscene e banali sezioni investigative a far le veci dei classici puzzle. Non a caso titoli come Life is Strange, The Walking Dead e Heavy Rain si reggono esclusivamente sul comparto narrativo.
Cosa succede quando si cerca di mescolare vecchio e nuovo nello stesso progetto? Questa la domanda che sorge spontanea dinnanzi a Black Mirror, reboot dell’omonima avventura grafica pubblicata nel 2003 da Future Games. Al team tedesco King Art spettava il compito di rivitalizzare l’IP e svecchiarne le meccaniche ritenute ormai vetuste, offrendo un’esperienza dalla forte atmosfera gothic horror intrisa di citazioni ai maestri del genere (Poe, Lovecraft, Walpole) e naturalmente carica di tensione. Vediamo se ci sono riusciti.
Black Mirror
Il nuovo Black Mirror prende le mosse da una prefazione simile a quella dell’originale ma la sviluppa in modo piuttosto diverso. Dimenticatevi di Samuel. Qui il protagonista si chiama David Gordon, rampollo di nobili origini scozzesi che eredita il maniero Sgathan Dubh a seguito della morte del padre. Proprio su quest’ultimo, trovato esanime nei pressi dei giardini della tenuta, girano strane ed inquietanti voci. Pare che anche lui, come i suoi antenati, fosse stato colpito da un’oscura maledizione legata al castello e abbia improvvisamente perso il senno. David, tornato in Scozia alla fine degli anni ’80, si trova di fronte a un caso molto strano e pieno di coni d’ombra. Convinto che il padre sia stato assassinato, inizia subito a documentarsi sugli avvenimenti recenti e passati all’interno della residenza di famiglia e scopre, pian piano, delle verità terrificanti che gli faranno mettere in discussione persino la propria sanità mentale.
Black Mirror – Trailer gameplay
La trama è costruita in modo egregio e riesce a incuriosire con costanza grazie alla buona dose di misteri svelati con la giusta gradualità. Nonostante la presenza di cliché e momenti abbastanza prevedibili, l’intreccio si lascia seguire piacevolmente fino alla fine. Meglio le fasi conclusive rispetto a quelle iniziali, comunque, che risultano un po’ troppo lente. Tutto sommato caratteristici i personaggi e nella media i dialoghi, valorizzati dal buon doppiaggio inglese (pessimi invece i sottotitoli italiani). In linea di massima si tratta di un comparto narrativo soddisfacente, senza troppe pretese e lontano dall’originale anche in termini qualitativi. Non è comunque mediocre come le campagne di uno Star Wars Battlefront II o di un Call of Duty WWII. Potete metterci la mano sul fuoco.
A livello meccanico Black Mirror segue il trend delle avventure interattive. Saremo liberi di muoverci tra le mura interne ed esterne di Sgathan Dubh interagendo con oggetti e personaggi. Gli obiettivi vengono visualizzati nel questlog e non sono sempre chiarissimi. Capiterà infatti di dover vagare a lungo prima di trovare l’elemento richiesto seguendo solo indicazioni testuali approssimative. Ciò non costituirebbe un problema se il sistema di controllo (sia su mouse che controller) funzionasse a dovere, le animazioni fossero fluide e i caricamenti brevi. Invece ci ritroveremo spesso a dover lottare con la telecamera parzialmente fissa che nasconde parti a volte essenziali dello scenario, con i movimenti robotici del protagonista capace di impiantarsi ovunque e attendere 10-15 secondi ogniqualvolta cambiamo stanza. Snervante, sul serio.
In Black Mirror ci sono delle candele
Sugli enigmi non c’è molto da dire, nel senso che il loro numero scarseggia. Il gameplay si incentra più sull’osservazione e sulle fasi esplorative che sulla risoluzione di puzzle veri e propri. Esempi potrebbero essere la ricerca di particolari oggetti nascosti ad arte, oppure le sezioni in cui David si troverà a interagire con la materia delle sue visioni, nelle quali è richiesto un certo tempismo. I rompicapi tipici del vecchio Black Mirror ci sono ancora e funzionano alla grande, le poche volte che vengono presentati. Ed è un peccato, anche perché si trattava di uno degli elementi più riusciti dell’opera di Future Games e di sicuro questo reboot ne avrebbe beneficiato in quantità maggiore.
Per smorzare la negatività avremmo voluto chiudere con un elogio del comparto tecnico ma non è stato possibile. Il motore grafico di Black Mirror è solo parzialmente superiore alla controparte Telltale, cioè nella resa di luci e ombre, nel livello di dettaglio delle ambientazioni e nell’ottimizzazione (sebbene su una GTX 1080 non si superino i 100 frame al secondo). Per il resto siamo su piani tristemente analoghi. Le animazioni facciali riescono a superare l’orrenda inespressività vista in Mass Effect Andromeda, la pulizia dell’immagine lascia a desiderare, i modelli sono oggettivamente brutti. Si salvano art style e soundtrack, entrambi di un certo spessore poiché riescono a conferire un minimo di atmosfera gotica alla produzione. Di horror, invece, nessuna traccia, visto che i momenti spaventosi mancano del tutto.
In Black Mirror le tette emettono bagliori
Purtroppo quello che avrebbe potuto e dovuto essere un giocone si è fermato alla sufficienza. La colpa va principalmente alla decisione di accantonare la struttura intelligente del primo Black Mirror sostituendola con lo stile Telltale, ormai venuto a noia alla stragrande maggioranza dei giocatori. Attenzione: non parliamo di un titolo pessimo né di un attentato al brand, però è di sicuro un’occasione sprecata. Gli spunti narrativi c’erano, bastava solo supportarli con un gameplay e un comparto tecnico all’altezza. Peccato che King Art non abbia continuato sull’ottima strada imboccata con The Book of Unwritten Tales. A nostro parere servirebbe tornare alle origini del genere ed apportare modifiche solo quando strettamente necessario, altrimenti si rischia davvero di perdere il filo e scontentare sia i fan di vecchia data che i nuovi utenti.