Nella società orwelliana dei finti democratici e dei paladini neo-puritani del politicamente corretto, il degrado non ha limiti. Oggi parliamo nello specifico di Activision Blizzard, ma negli ultimi tempi l’intero web è sotto attacco, sia dal parlamento europeo che dalle piattaforme di aggregazione più popolari. Alcuni esempi: Youtube che de-monetizza i video contenenti parolacce, Tumblr che banna qualsiasi tipo di nudità, social network come Facebook, Twitter e Instagram a caccia di anti-NPC ed elementi ritenuti offensivi, Patreon, Paypal e quant’altri a cancellare senza preavviso gli account di chi non si allinea con il loro pensiero politico, eccetera eccetera.
Nel mondo del gaming non siamo messi tanto meglio. Non basta la censura preventiva di ogni contenuto potenzialmente pericoloso per i bambini (la scusa ufficiale di Sony) come il fanservice nei videogiochi giapponesi, né la stretta di alcuni publisher sul comportamento degli utenti nei titoli online. No, ora progettano di bannarvi anche se fate i cattivi su internet, in questo caso su Twitch.
Con il nuovo programma di moderazione di Overwatch, Activision Blizzard fa squadra con Twitch per “migliorare l’esperienza dello spettatore” in campo e-Sports. Agli utenti sarà richiesto di collegare gli account Battle.net e Twitch.tv prima di poter accedere alla chat. Lo scopo è quello di eliminare la cosiddetta tossicità e ogni sorta di commento negativo/offensivo, poco importa se con un metodo da regime dittatoriale.
Un ex impiegato di Twitch e Nintendo fa anche notare come Blizzard possa attivamente eliminare gli account Battle.net degli utenti incriminati. Se violate le regole staliniane in chat rischiate davvero di perdere centinaia se non migliaia di euro spesi su World of Warcraft, Overwatch, Diablo, Destiny 2 e tutti i titoli a marchio Activision Blizzard. Se ci pensate è qualcosa di assurdo e in odore di illegalità. Quando dicevamo che i prodotti digitali sono un rischio bello e buono non si trattava di un’esagerazione.
“L’attesissimo” Diablo Immortal, che ha già reso felici i giocatori di vecchia data…
I live service vi mettono nelle mani dei truffaldini per vari motivi. Innanzitutto non sapete bene cosa state comprando, a causa della stessa natura del prodotto in costante evoluzione. Acquistate sulla base di promesse, che se verranno mantenute è tutto da vedere. Gli sviluppatori hanno poi modo di cambiarli radicalmente in corso d’opera e spesso ciò avviene con risvolti negativi. Prendiamo ad esempio l’aggiunta retroattiva di micro-transazioni, gating dei contenuti, pubblicità e sponsor.
Il problema principale è che non spendete per possedere quel titolo ma per il privilegio di poterlo avviare. Se un giorno Valve, Sony, Microsoft, Blizzard o chi altri dovessero decidere che per qualsiasi motivo siate da bannare, direte addio a tutta la vostra libreria. Loro staccano la spina, voi vi attaccate. E tenete in conto che è già successo più volte, quindi non parliamo di casi improbabili. Ecco perché, se possibile, noi preferiamo ancora affidarci al mercato retail. D’altronde non ha senso sborsare la stessa cifra (anzi talvolta maggiore) per un codice che non ci garantisce il reale possesso del prodotto.
Activision Blizzard, in questo caso, sta chiaramente testando le acque per vedere fin dove possa spingersi con le sue pratiche anti-consumatore. Quello di bannare in game sulla base del comportamento online è un precedente pericolosissimo e speriamo vivamente che porti solo a un ulteriore calo degli spettatori nella Overwatch League. Del resto parliamo di una community dai numeri sempre più bassi.
Naturalmente Activision Blizzard non è soddisfatta dell’ottimo DLC I Rinnegati di Destiny 2
Pensavamo avessero già toccato il fondo bannando giocatori pro per una o due parole offensive e meme postati sui social. E invece il regime orwelliano di controllo della libertà di parola continua, in collaborazione con un’altra piattaforma di matrice anti-democratica come Twitch, che ricordiamo sospende utenti sulla base di quello che scrivono o dicono al di fuori del loro sito mentre permette alle battone di turno di streamare seminude se non addirittura nude con la scusa del body painting.
Ma torniamo ad Activision Blizzard. Le decisioni recenti del publisher californiano (e guarda caso), in primis quella di tagliare i costi e concentrarsi sulle micro-transazioni, hanno indubbiamente alienato la comunità di appassionati. Heroes of the Storm è stato messo in ibernazione a tempo indeterminato. WoW è in uno stato pietoso e le mount vengono ora vendute a 25€. Starcraft è sulla via del tramonto. Di Diablo non ne parliamo neanche. Overwatch perde giocatori ogni giorno che passa. Niente paura, ci penseranno i giochini mobile studiati per il mercato cinese a riportarli a galla. Il fatto che ci credano pure è piuttosto esilarante.
Così com’è divertentissimo osservare l’andamento in borsa di un po’ tutti i publisher videoludici da 6 mesi a questa parte. EA? Meno 48%. Activision? Meno 44%. Ubisoft? Meno 37%. Take Two? Meno 26%. Sony? Meno 23%. Microsoft? Meno 17%. Le quotazioni di Bethesda (Zenimax) non sono pubbliche, ma immaginiamo un ribasso di circa il 98%. Ora, è chiaro che la recente crisi del NASDAQ abbia qualche responsabilità sul crollo del valore di aziende focalizzate su tech/gaming.
EA, Activision Blizzard, Ubisoft e tanti altri hanno subito un tracollo in Borsa
Ma quando anche compagnie asiatiche come Capcom, Konami, Tencent, Nexon e Koei Tecmo registrano cali significativi su base annuale, è facile tracciare una connessione logica. Praticamente tutti i nomi citati hanno spalato, ognuno a suo modo, cacca sui giocatori. Chi con release disastrose, chi con micro-transazioni, chi con season pass, chi con censure e così via. Guarda caso stanno in rosso. Qualità e rispetto pagano. Chissà quando certi stronzi milionari in giacca e cravatta lo capiranno e smetteranno finalmente di trattarci come muli e vacche da latte.