Data di Uscita 28 Aprile 2015 | Lingua Italiano |
Piattaforme PC, MAC, Linux, PS4, Vita, iOS, Android | Versione recensita PC |
Durante l’analisi della prima parte di Broken Age la nostra sensazione era stata quella di trovarci di fronte a un’avventura grafica più che discreta, graficamente deliziosa, e dotata di un fascino fiabesco a cui si accompagnava un racconto di formazione con protagonisti due adolescenti. Abbiamo approcciato la seconda parte dell’avventura con la speranza di avere tra le mani un finale degno della vicenda, ma non è andata proprio così.
Broken Age Pt 2
L’ultima sequenza del primo episodio di Broken Age era stata rivelatrice: i due personaggi principali, Vella e Shay, avevano avuto la breve opportunità di incrociare gli sguardi prima di essere catapultati l’una nel mondo dell’altro. L’eroina della prima parte di avventura, infatti, in questo secondo capitolo si trova nell’astronave di Shay, mentre questi è costretto sul pianeta Dulcia, casa di Vella. Le sorprese, in effetti, non sono finite, se si considera che quello che Vella considerava essere il mostro Mog Chotra altri non è che l’astronave dentro la quale Shay conduceva una tranquilla esistenza.
La prima critica, magari un po’ caustica, che si può muovere a questa impostazione evidentemente riguarda il riciclo di tutti gli ambienti di gioco, che sostanzialmente saranno uguali a quelli del primo capitolo. Se si pensa che il titolo di cui si sta parlando è stato frutto di uno sviluppo praticamente infinito e travagliato, si può comprendere come il trovarsi davanti agli stessi precisi fondali del primo capitolo possa far storcere il naso.
In ogni caso, le scelte relative agli ambienti potrebbero anche essere giudicate diversamente se solo la storia avesse avuto maggior mordente; la prima parte di Broken Age, infatti, aveva successo nel momento in cui ci mostrava la vita di due adolescenti che, ognuno a proprio modo, cercavano di ribellarsi, e nel fare ciò riuscivano in qualche modo a entrare in contatto, pur non conoscendosi e provenendo da mondi diversi. In questa seconda parte, invece, l’appiattimento narrativo investirà soprattutto questo affascinante aspetto della storia, facendo sì che i due personaggi divengano monotoni, per non dire poco interessanti, proprio perché il dipanarsi dell’intreccio farà scomparire quell’elemento di ribellione adolescenziale che difatti è il fulcro di molti racconti di formazione. Insomma, alla fine della seconda parte di gioco non si riesce bene a comprendere cosa Broken Age volesse raccontare, e tutto questo è abbastanza fastidioso.
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Dal punto di vista del gameplay, poco cambia rispetto al primo capitolo; sono presenti ancora degli enigmi logici basati sull’interazione con oggetti e personaggi secondari (anche questi completamente riproposti dal primo capitolo), ma anche qui dobbiamo sottolineare un livello qualitativo inferiore. La cosa che ci ha fatto alzare più di qualche sopracciglio è stata l’introduzione di diversi puzzle basati su meccaniche trial & error, sia all’inizio che soprattutto alla fine della storia. Più che negli enigmi in sé, poi, la difficoltà maggiore sembra risiedere nel capire in che momento passare dal controllo di Shay a quello di Vella (e viceversa), visto che per risolvere alcuni enigmi bisognerà prima reperire informazioni con un personaggio, e poi procedere nella risoluzione con l’altro. Anche questo espediente, difatti, contribuisce ad appiattire la narrativa, visto che i due personaggi non sono in nessun modo in contatto tra di loro; risulta difficile giustificare, quindi, come una indicazione presente sulla navicella possa aiutare Shay che, come visto, è invece fermo sulle spiagge di Dulcia.
Dal punto di vista tecnico, invece, il titolo ci ripropone quella che possiamo definire senza tanti giri di parole una rappresentazione deliziosa e fiabesca del mondo di gioco. E’ un peccato, anche qui, non aver potuto ammirare nuovi panorami e costruzioni ardite, ma non è di certo nella parte grafica che si deve andare a cercare il motivo della mancata riuscita della seconda parte di Broken Age.
Veramente positivo, poi, anche il versante audio, che presenta un doppiaggio in inglese sempre ottimo in tutti i suoi interpreti.
Se proprio dobbiamo muovere un appunto, allora, dobbiamo ripetere quanto riportato nella recensione del primo capitolo: la traduzione in italiano dei testi avrebbe potuto limitarsi ai soli sottotitoli, piuttosto che includere nomi di oggetti, città e personaggi. Veder scritto su un manifesto “Mancante” al posto di “Missing”, ad esempio, ci ha lasciato infatti un po’ interdetti.
Conclusioni Ogni favola ha una sua morale, e quella di Broken Age è che se si combina un discreto trambusto con la campagna di crowdfunding, si impiega così tanto tempo a sviluppare il videogioco, e lo si divide in due parti, quello che il giocatore dovrebbe avere tra le mani alla fine dovrebbe essere un prodotto eccellente. Questa seconda parte di storia, invece, ha confermato che l’ultima avventura targata Tim Schafer è sì un prodotto sufficiente, ma assolutamente non così incredibile. Se nel giudicare la prima parte di avventura ne avevamo sottolineato tutte le potenzialità, in questa sede non possiamo che constatare come tutti i buoni elementi narrativi della prima parte siano stati sprecati in malo modo. Siamo dunque davanti a una sufficiente avventura grafica ma, date le premesse, ci saremmo aspettati sicuramente di più. |
+ Aspetto grafico sempre delizioso + Doppiaggio in inglese ottimo |
– La storia e i personaggi perdono tutta la loro profondità – Enigmi meno ispirati del capitolo precedente |
Valutazione 7.2/10