Attenzione! Questo articolo contiene spoiler pesanti di Gone Home, Twin Peaks, il Laureato e – soprattutto – il Super Bowl XLVIII.
Guardare il Super Bowl in diretta, per me, è un rituale da onorare ormai da qualche anno: ovviamente mi interessa la partita di football in sé in quanto appassionato, ma anche tutto il contorno della faccenda. Proprio durante la scorsa finale del campionato di football americano, quella della tragicomica sconfitta di Denver che non ne azzeccò una contro Seattle, a un certo punto tra una interruzione e l’altra spuntò fuori una pubblicità Budweiser tipicamente a stelle e strisce. Un soldato tornava a casa e veniva accolto come un eroe (perché “Ogni soldato merita un benvenuto da eroe” recitata lo slogan) mentre sullo sfondo si poteva sentire “Coming Home pt. II” di Skylar Grey. A noi che ci occupiamo di videogiochi, dovrebbe interessare questa ultima parte della vicenda. Secondo il testo della canzone in questione, la “casa” è il luogo, anzi il “regno” in cui si torna vittoriosi o meno in cerca di redenzione. “So che il mio regno mi attende, e loro perdoneranno i miei sbagli” continua il brano, e questo ci fa intendere una idea di “casa” come luogo ideale, fisico o meno, verso cui si tende nel momento del bisogno.
Se si pensa alla parola “casa”, e si è appassionati di giochi indie, uno dei primi titoli che può venire in mente è lo straordinario Gone Home. La storia narrata, se avete superato l’avviso di inizio articolo, vi sarà ben nota: una ragazza torna a casa dopo aver girovagato per l’Europa e si ritrova a ripercorrere la storia della sua famiglia, ma soprattutto della sorella Sam, attraverso documenti sparsi per l’abitazione deserta.
Guardando al titolo nel suo complesso dopo averlo terminato, è possibile dire che l’intuizione geniale di un gameplay che non è altro che quello di un titolo esplorativo è il suo carattere sospeso. Man mano che si va avanti nella vicenda ci si potrebbe lanciare in diverse teorie sul significato della nostra permanenza nella casa: il personaggio da noi controllato potrebbe essere un fantasma, oppure l’intera casa potrebbe non esistere, o essere un sogno, e via di questo passo. La verità, in realtà, è che Gone Home racconta solo la storia di una ragazza, Sam, che scopre di essere innamorata di un’altra ragazza, Lonnie: tutto qua. Tra easter egg e teorie del complotto si è talmente alla ricerca della teoria più bizzarra che spesso il colpo di scena più incisivo è quando si sceglie di andare avanti con una storia normale.
Di normale, in effetti, c’è che una adolescente scopre di essere innamorata di una ragazza invece che di un ragazzo, e che ai genitori la cosa non vada proprio giù. Lo si apprende in uno degli audiodiari più intensi del gioco, laddove Sam racconta della reazione di suo padre e sua madre alla vicenda: invece di provare a controbattere e a punirla, dice la protagonista, i suoi genitori risposero con la classica frase “non hai ancora trovato il ragazzo giusto” oppure con l’ancora più classico “è un periodo, passerà”. Dire queste cose a un’adolescente, va da sé, equivale a una mancanza di rispetto che rafforza ancora di più le intenzioni di Sam: l’amore tra la protagonista e Lonnie, infatti, va avanti nonostante tutti; la relazione tra le due protagoniste, allora, in questo punto somiglia a quella tra il leggendario agente Cooper di Twin Peaks e Annie. Si capisce fin dall’inizio, in altre parole, che la cosa potrebbe prendere una piega sbagliata, e che potrebbe finire inesorabilmente male per uno o tutti e due i protagonisti.
E gli sviluppatori, in questo senso, hanno spinto in diverse direzioni: anche qui, giocando a Gone Home non si capirà mai fino all’ultimo se la casa sia infestata dagli spiriti delle due ragazze, o se le sedute spiritiche di cui apprenderemo nei documenti ritrovati siano una sciocchezza o meno. Fino alla fine, come già ripetuto, non si saprà con che cosa abbiamo a che fare, e questa è una trovata che riesce a mantenere sempre alta la tensione in un gioco che, a livello di gameplay, è praticamente nullo. Fino alla fine non si saprà quale sarà il destino di queste due ragazze le quali, oltre al giudizio della gente, devono affrontare la sfida della separazione, visto che Lonnie dovrà partire per arruolarsi (e anche qui, essendo ambientato negli anni novanta, il gioco non manca di sorprendere con finezze narrative come il rimando alla politica “Don’t ask don’t tell” in vigore nell’esercito americano riguardo agli orientamenti sessuali).
Sempre più strette da un mondo che sembra non capirle, il destino delle ragazze sembra essere il destino di Annie e Cooper di Twin Peaks, ovvero quello di due amanti destinati a non rimanere insieme o, ancora peggio, destinati a mettere fine alla propria vita vicendevolmente. Sono questi i pensieri che potrebbero attanagliare i giocatori di Gone Home quando si scopre l’ultima ambientazione segreta del gioco, quella dove è presente un tavolino su cui presumibilmente si è tenuta una sorta di seduta spiritica e vicino al quale si trova la chiave della soffitta della casa, il luogo in cui Sam usava rifugiarsi nei momenti difficili. Quando si prende la chiave, e si percorrono i corridoi ormai familiari che ci separano dal soffitto, si potrebbe quasi essere certi che le cose siano andate per il verso sbagliato.
E invece si cambia scena, e gli sviluppatori scelgono per una volta – e giustamente – di essere banali e romantici. Poco dopo essere partita, infatti, Lonnie capisce che non può rimanere senza Sam, e chiederà alla ragazza di raggiungerla. E questa parte, alla ventura, per raggiungere il suo amore. In questo momento, a meno che non siate persone dal cuore irrimediabilmente di pietra, non si può non provare felicità per le due ragazze, e pensare che l’intero titolo, a partire dalla scrittura fino all’eccellente doppiaggio in inglese, sia stato narrato in maniera perfetta ed esemplare. Perché è vero che nel gioco non si fa sostanzialmente nient’altro che andare in giro in una casa silenziosa e vuota, ma è anche vero che i frammenti di vita ritrovati per le stanze parlano, e ci urlano in faccia storie (da non dimenticare, infatti, anche le linee narrative secondarie dei genitori e del fratello della protagonista) che potrebbero capitare a chiunque.
E però dopo la felicità, mentre scorrono i titoli di coda, si rimane un po’ a pensare a cosa sia potuto capitare a queste due ragazzine innamorate e in balìa del mondo. Qui l’amore che prima era pericolosamente in bilico verso Twin Peaks cambia totalmente, e si trasforma nella fuga in autobous di Katharine Ross in abito da sposa e Dustin Hoffman ne Il Laureato, uno dei finali più belli della storia del cinema. Anche qui, si è felici per la fuga d’amore dei due, ma sono i loro sguardi a farci capire che i due non hanno la più pallida idea di cosa faranno da lì in avanti.
Siccome siamo dei trolloni dal cuore nobile, però, scegliamo di mettere da parte i dubbi e le incertezze, e ci piace lasciare Sam e Lonnie con il loro sogno, e pensare che ognuna delle due abbia trovato, per quanto possibile, la propria “casa” nell’amore dell’altra.
O no?