far cry primal

[Recensione] Far Cry Primal – Variazioni sul tema

Data di Uscita 1 Marzo 2016 Lingua Italiano
Piattaforme PC, PS4, One Versione recensita PC

Far Cry Primal è un coraggioso esperimento di Ubisoft, e come tale va encomiato nel momento in cui dimostra carattere. Allo stesso tempo viene quasi naturale fare un paragone con un altro esperimento della stessa azienda, un gioco che risponde al nome di Far Cry Blood Dragon, altra produzione coraggiosa che cerca di spezzare col passato e che riesce nell’impresa in maniera eccelsa, con tanta personalità e senza scendere a compromessi. Far Cry Primal non ha purtroppo raggiunto risultati altrettanto eccellenti, ma è comunque una gradita aggiunta nella libreria di questo franchise, che ci auguriamo possa non finire per ristagnare come è avvenuto negli ultimi anni con la IP di Assassin’s Creed.

Far Cry Primal

Far Cry Primal resta perfettamente riconoscibile e collocabile all’interno del proprio franchise, molto più di quanto non fosse Blood Dragon. Molti degli elementi caratteristici della serie rimangono, tra cui una forte impostazione open world, la possibilità di potenziare armamentario ed equipaggiamento attraverso la raccolta di oggetti e il farming, accampamenti nemici da assaltare e una notevole libertà di movimento.

La trama è molto meno sviluppata rispetto ai due precedenti capitoli della serie principale, e tante volte succederà di non sapere con esattezza cosa fare per proseguire nella storia. Fortunatamente una serie di eccellenti comprimari accompagnerà il viaggio di Takkar – il protagonista – attraverso le variegate lande di Oros, una terra contesa da tre diverse tribù.
È impossibile far rientrare Far Cry Primal nel genere dei first person shooter, trovandoci invece più vicini agli action adventure, con le debite variazioni sul tema.
Il setting preistorico è il primo e più evidente elemento di distacco rispetto agli altri capitoli della serie. La conseguenza più ovvia è che mancano le armi da fuoco, ma saremo comunque liberi di attaccare a distanza utilizzando l’arco, scendere al corpo a corpo con una sorta di clava o utilizzare una meccanica decisamente innovativa che ci permetterà di controllare gli animali selvatici per lanciarli contro il nemico, sia al fine di creare dei diversivi che semplicemente per uccidere e fare per noi il lavoro sporco.
Proprio tale nuova feature è l’elemento più riuscito dell’intera produzione, che svecchia il gameplay in maniera non indifferente, e che ci permette di affrontare gli scontri con un certo tatticismo, in maniera molto diversa rispetto a quanto i precedenti Far Cry ci avevano abituato.
Tra le belve a nostra disposizione figurano il lupo, un gufo, la tigre dai denti a sciabola, leopardi e potremo addirittura cavalcare montando un mammuth e travolgendo tutto ciò che si para sul nostro cammino. Takkar, il protagonista della vicenda, è a tutti gli effetti un beastmaster, un individuo che riceve da uno shamano la capacità di addomesticare belve feroci e di usarle a proprio vantaggio.
Se l’utilizzo di molte di queste creature è di semplice intuizione, il gufo ci permetterà di osservare l’ambiente circostante attraverso la sua prospettiva, e ci ritroveremo dunque a volare in terza persona, a farci un’idea molto chiara di ciò che ci circonda, di come sono strutturati gli accampamenti nemici, potremo pianificare un attacco sfruttando le debolezze della difesa o cercando dei punti più vulnerabili.

Far Cry Primal

La varietà di azioni che è possibile compiere con gli animali è notevole, e ciascun giocatore troverà lo stile e l’approccio migliore per le diverse situazioni: Far Cry Primal si presta da questo punto di vista a una fruizione da quasi-sandbox, in quanto l’intelligenza artificiale delle belve addomesticate e degli avversari creerà spesso situazioni impreviste a cui dovremo reagire con prontezza.

La raccolta di materiali sarà un altro degli elementi cardine di questo titolo, che espande e rende molto più sensato quanto avveniva in Far Cry 3 e 4.
Considerato che ci troviamo nell’età della pietra, la necessità di ricavare particolari materie prime dalla natura o dagli animali stessi è molto più logica rispetto a quanto non fosse in passato. La stessa sequenza introduttiva del gioco ci colloca durante una battuta di caccia ai danni di un mammuth, una caccia dettata dalla necessità di nutrirsi e di ottenere materie necessarie al proprio sostentamento, una caccia che serve alla sopravvivenza nostra e del nostro popolo.
E’ dunque ovvio che il villaggio che ci ritroveremo ad aiutare nel corso del gioco avrà bisogno di tutto il nostro impegno in tal senso, giustificando almeno in parte delle fasi di grinding che purtroppo non sono però molto divertenti. Se da una parte comprendiamo la razionalizzazione storica e la necessità di trovare determinati materiali per costruire qualcosa, dall’altra riteniamo che tra farm e grind ci sia un po’ di differenza: girare in tondo nella stessa area alla ricerca dello stesso animale selvatico o di auspicabili repop ci fa sentire all’interno di un MMORPG di altri tempi, e ci ha riportato in particolare alla memoria Final Fantasy XI, con le sue ore spese cercando di ottenere drop e loot necessari al crafting. Non è una fase divertente, non è stata ben bilanciata considerato che parliamo di un gioco offline ci si stanca a causa della ripetitività delle azioni.

Far Cry Primal

In linea generale Far Cry Primal continua comunque a dare grande importanza all’immedesimazione del giocatore, tentando di coinvolgerlo in una miriade di quest secondarie che aumentano a dismisura la longevità del gioco. Si tratta comunque di attività già viste nei precedenti capitoli della serie e, per quanto le nuove meccaniche legate all’addomesticamento possano essere gradevoli, ci ritroveremo comunque a rifare le stesse cose fatte nel terzo e nel quarto episodio, semplicemente in un contesto storico e ambientale diverso.
Il nuovo sistema di combattimento spezza con il passato costringendoci a ricorrere in più frangenti al corpo a corpo, ma l’impossibilità di difendersi in alcun modo non ci ha convinti. Gli scontri si limiteranno in questo caso a colpire, scappare, colpire di nuovo e così via, non troppo stimolante.
La bellezza dell’ambientazione riesce comunque ad affascinare, seppur sia evidente un certo riutilizzo degli asset già visti in Far Cry 3 e 4. Glitch e bug della situazione condiscono l’esperienza, come è quasi ovvio in un gioco open world di questa portata. Non abbiamo trovato nulla di realmente “game breaking”, ma in più situazioni ci siamo ritrovati a sorridere per la stupidità di certe animazioni, fino a scendere nel raccapriccio quando abbiamo incontrato una versione “scheletrica” di un NPC, lo stesso bug che aveva afflitto Assassin’s Creed Black Flag.

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Conclusioni
Far Cry Primal è una buona variazione sul tema, offre un setting nuovo, una eccellente meccanica di addomesticamento che apre la strada a un quasi-sandbox e un sistema di combattimento diverso da quanto visto in passato. Tuttavia siamo rimasti delusi da una trama quasi assente, un sistema di farming eccessivamente noioso e ripetitivo e la totale mancanza di novità nella struttura della progressione, sempre legata alle missioni secondarie per dare corpo all’offerta.
Se non avete giocato ai due precedenti capitoli della serie regolare, Far Cry Primal sarà senza dubbio gradevole e vi consigliamo l’acquisto. Stesso discorso se non vi siete stancati delle generali meccaniche imposte da Ubisoft nel corso degli anni con questo franchise. Tuttavia, se cercate una vera e propria ventata di aria fresca, il nostro consiglio è di attendere il prossimo capitolo, o almeno i saldi.
Valutazione

7.7
+ Per molti aspetti coraggioso
+ Meccanica dell’addomesticamento bene implementata
+ Tanti contenuti
– Aggiunge poco alla struttura già conosciuta
– Trama mediocre e mal gestita
– Personaggi comprimari troppo in ombra
– Eccessiva ripetitività
– Qualche mancanza tecnica

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