Parlare di Tim Schafer vuol dire sostanzialmente parlare della storia dei videogiochi; parlare della prima avventura grafica ideata dallo stesso da quindici anni a questa parte, poi, vuol dire parlare di un avvenimento atteso da tempo da tanti appassionati. Parlare dell’avventura in questione, ovvero Broken Age, vuol dire anche parlare del fenomeno che sostanzialmente ha rappresentato il punto di inizio del crowdfunding videoludico. Insomma, come si è potuto intuire, in questa recensione di Broken Age si parla di un sacco di cose, tutte quante molto importanti. Vediamo allora di sintetizzare il tutto e cercare di capire se il gioco in questione vale o meno i € 22,99 richiesti per l’acquisto.
Broken Age – Recensione
Il titolo si presenta come un’avventura grafica classica in cui saremo chiamati a impersonare due protagonisti, ovvero Vella e Shay. La prima è una coraggiosa ragazza che si è messa in mente di sconfiggere da sola il mostruoso Mog Chotra, essere gigantesco che periodicamente reclama il suo tributo in termini di sacrifici di fanciulle; il secondo, invece, è un giovane rinchiuso in una nave spaziale, controllato giorno e notte da un computer di bordo che si comporta come e più di una normale mamma ma che, difatti, propone al nostro una serie di attività noiose con protagonisti quelli che appaiono come “coccolosi” peluche animati.
Entrambi non sono a conoscenza dell’altro, ma è come se le loro azioni fossero accomunate: i due protagonisti, infatti, sono mossi da un impeto quasi eroico, che li porterà a sovvertire il loro destino. Evitiamo di dare ulteriori notizie sulla trama per alcune ragioni; per prima cosa, per portare a termine il gioco non si impiegheranno più di quattro, cinque ore al massimo, e anche una volta fatto ciò quello che si avrà terminato sarà solo il primo dei due atti di cui si compone la storia. Per giocare la seconda parte, infatti, bisognerà attendere ancora qualche tempo.
Dicevamo, dunque, che Broken Age si presenta come un’avventura grafica classica: ciò significa che quello che bisognerà fare sarà esplorare i vari ambienti di modo da raccogliere oggetti, parlare con i personaggi non giocanti, e cercare di risolvere enigmi di varia natura. Chiariamo subito che non sono proposti puzzle talmente difficili da bloccare completamente un giocatore con un minimo di esperienza; non sono presenti in massa, dunque, i classici enigmi logici basati sulla comprensione di un qualche meccanismo, e le difficoltà più pressanti saranno quelle relative all’utilizzo degli elementi raccolti, nonché la ricerca degli stessi.
Per essere un’avventura discretamente corta le locazioni visitabili saranno tutto fuorché esigue, e costringeranno spesso il giocatore a tornare indietro sui propri passi, visto che per proseguire nella storia spesso servirà un oggetto magari lasciato per strada dopo una prima frettolosa occhiata. Il livello di sfida, dunque, è sicuramente discreto, e farà sì che gli appassionati di avventure grafiche trovino una certa soddisfazione in più frangenti; la possibilità di passare da Shay a Vella in ogni momento, poi, accresce di più la difficoltà complessiva, e rappresenta una buona variazione sul classico gameplay da punta e clicca proposto.
L’elemento che però consente a Broken Age di elevarsi rispetto a quasi tutte le avventure grafiche presenti attualmente sul mercato è la caratterizzazione dei personaggi. E’ proprio in questo ambito, difatti, che è possibile intravedere la mano di Schafer: ogni figura con cui verremo a contatto durante il gioco, persino gli ascensori parlanti, sarà caratterizzata da un propria personalità, da un particolare atteggiamento, e tutte quante faranno affezionare il giocatore al mondo di gioco. E’ questa cura nella realizzazione, dunque, una delle caratteristiche che rimarranno nella mente del giocatore dopo aver finito il titolo; si tratta dell’elemento distintivo della produzione e, con molta probabilità, della feature che consente a questo Broken Age di porsi un gradino sopra alle altre produzioni punta e clicca moderne, o perlomeno alla pari con gli ultimi ottimi esponenti del genere (lo stesso Blackwell Epiphany di Wadjet Eye Games, che secondo il parere di chi scrive rimane comunque la migliore avventura dell’anno, non presenta la stessa caratterizzazione di tutti i suoi personaggi secondari).
L’aspetto tecnico, cambiando discorso, è un altro punto a favore della produzione: la grafica, di per sé, propone dei paesaggi e dei personaggi spesso deliziosi, con uno stile che si fa apprezzare soprattutto nel momento dei dialoghi, visto che in questi frangenti i personaggi sono riprodotti in primo piano e a distanza ravvicinata.
Per quanto riguarda l’audio, dobbiamo segnalare senza dubbio il buon doppiaggio in inglese, accompagnato dai sottotitoli in italiano; se proprio dobbiamo fare un appunto, non siamo certi che la traduzione letterale nella nostra lingua dei nomi delle locazioni – nonché di alcuni personaggi – sia stata la scelta migliore, ma in ogni caso si tratta di una sottigliezza a cui non ci sentiamo di dare troppo peso.
Conclusioni Il commento finale, questa volta, appare semplice e sintetizzabile come segue: se siete appassionati di avventure grafiche, e avete un’età sufficiente a ricordare i capolavori di Tim Schafer, esistono poche ragioni per le quali non dovremmo consigliarvi Broken Age. L’esperienza da punta e clicca, infatti, è di prim’ordine e si basa soprattutto su una sceneggiatura veramente ben realizzata. Saremmo stati davanti all’avventura dell’anno, molto probabilmente, se non fosse per il fatto che quello che abbiamo analizzato è solo il primo atto della storia, che difatti viene troncata nel suo momento di maggiore interesse. Nell’attesa di mettere le mani sul secondo episodio, in ogni caso, questo primo capitolo rappresenta sicuramente un gran bell’antipasto. |
+ Caratterizzazione dei personaggi e sceneggiatura di alto livello + Esperienza da punta e clicca classica e piacevole |
+ Vogliamo il secondo atto! |
Valutazione 8.2/10
Broken Age | Steam | 22.99€